Accadde il secolo scorso
I Caccia della Regia Aeronautica
Per l’aviazione italiana degli Anni Trenta la conquista di numerosi primati divenne purtroppo un fine, non un mezzo
16-12-2005 - Ne è dimostrazione la linea caccia al 10 giugno 1940, data del nostro ingresso nel conflitto.Macchi 200, Fiat G. 50, Fiat CR.42, erano tutti e tre equipaggiati con il motore radiale Fiat A74 14 cilindri doppia stella raffreddato ad aria, capace di erogare 740 cv. al decollo oppure 840 cv. a 3.800 metri: un propulsore tanto affidabile quanto ingombrante, la cui potenza era insufficiente a ottenere le prestazioni adeguate per un caccia dell'epoca.
Si consideri che nello stesso periodo la gran parte delle nazioni si orientava su motori in linea intorno ai 1.000 cavalli, tali da garantire velocità superiori benchè in teoria più vulnerabili ai danni bellici; fanno eccezione il Mitsubishi Zero nipponico e il Polikarpov I-16 sovietico, i cui motori stellari comunque arrivavano allo stesso livello dei rivali in linea.
Penalizzati dalla scarsa potenza, i costruttori aeronautici nostrani tentarono di compensare lo svantaggio alleggerendo le macchine delle blindature, e riducendo l'armamento.
In quest'ultima scelta, furono favoriti da una generazione di comandanti, convinti che nel duello aereo fossero essenziali due elementi, ovvero il numero dei proiettili e la maneggevolezza.
Di conseguenza furono installate appena due mitragliatrici da 12,7 mm. (o addirittura una da 12,7 più una da 7,7 per ridurre il peso!) fisse sul muso, sparanti in sincronia attraverso l'elica con una cadenza di tiro decisamente bassa; inoltre, estrema contraddizione, esistevano a bordo appositi contenitori nei quali venivano raccolti i pesanti bossoli....
I concetti ispiratori dei progettisti e degli alti ufficiali italiani - non condivisi da nessuno all'estero - si trasformarono in un tragico svantaggio per i cacciatori della Regia Aeronautica, costretti a battersi su macchine inferiori sia per prestazioni sia per armamento.
Mentre i tedeschi e i francesi producevano velivoli muniti di cannoncino sparante attraverso il mozzo dell'elica, mentre i britannici puntavano su un cospicuo armamento alare, in Italia si rimaneva ancorati al vecchio concetto dell'acrobazia dominante durante la Prima Guerra Mondiale.
Così i nostri intercettori dovevano tirare centinaia di colpi, a ritmo lento, per ottenere un risultato limitato rispetto ai loro antagonisti che invece in pochi secondi rovesciavano un torrente di piombo.
L'aberrazione continuò negli anni seguenti, quando uscirono i nuovi caccia Macchi 202 e Reggiane 2001, i quali a ben guardare altro non erano che le cellule dei modelli precedenti adattate al magnifico motore Daimler Benz 601 tedesco, riprodotto in Italia con la denominazione Alfa Romeo Monsone 1000.
Ebbene, nemmeno in questo caso si pensò di installare il Mauser calibro 20 in asse con l'elica, soluzione adottata nella Luftwaffe dal 1938!
I nostri piloti dovranno attendere la primavera del '43, con i nuovi modelli della Serie 5, prodotti in numero limitato, per stare finalmente ai comandi di macchine equiparate alle avversarie.
A mero titolo di curiosità, vale la pena ricordare che il primo caccia munito di cannoncino in servizio nella Regia Aeronautica, fu il Dewoitine 520 francese di preda bellica, utilizzato in circa sessanta esemplari.
Benchè penalizzati dalle macchine in dotazione, gli uomini della Regia Aeronautica tennero il ritmo per ben tre anni, impegnati nel Mediterraneo nonchè - per periodi più brevi - sulla Manica e in Russia.
Abili, tenaci, coraggiosi, essi fronteggiarono la potentissima Royal Air Force, ovvero la migliore aeronautica nemica in campo.
Il numero di vittorie conseguito dai nostri cacciatori può apparire inferiore, sebbene non di molto, rispetto agli avversari anglo-americani.
In realtà, non è così, poichè i successi in Italia venivano riconosciuti secondo criteri estremamente severi: una vittoria individuale doveva essere comprovata o da testimoni, oppure dal ritrovamento del relitto nemico; se due o più piloti abbattevano un avversario, la vittoria veniva assegnata al Gruppo, non ai singoli in proporzione.
Ne consegue che tre di loro (serg. magg. Martinoli, cap. Lucchini, sottoten. Ferrulli) superarono le venti vittorie individuali accertate, mentre dieci piloti ne ottennero tra dieci e diciannove.
In effetti, secondo calcoli storici documentati, la Regia Aeronautica perse nel conflitto settemila aeroplani, distruggendone altrettanti; ma nelle nostre perdite sono ovviamente presenti gli aerei perduti per incidenti oppure dispersi, laddove nelle perdite inflitte al nemico non si può calcolare con precisione tale numero, quindi il bilancio ottenuto dagli equipaggi italiani è certamente positivo, nonostante la palese inferiorità tecnica, la burocrazia imperante, la mancanza di radio e di filtri anti-sabbia, le fissazioni dei vertici militari riguardo l'impiego dell'arma aerea, eccetera.
Questo articolo, per quanto infarcito di considerazioni tecniche, vuole essere un elogio per i valorosi aviatori italiani, i quali, insieme agli equipaggi delle unità leggere della Regia Marina (m.a.s., sommergibili, mezzi d'assalto) e a poche unità del Regio Esercito, compensarono con il proprio eroismo le lacune qualitative, la sproporzione numerica, la disorganizzazione, e forse la volontà di farci portarci alla sconfitta, presente in alcuni capi militari.
Mauro Trande
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