L'intervista con...

Un pomeriggio con Fiorenza de Bernardi
Che caldo…quel pomeriggio sgocciolante di sudore, in una Roma afosa, dimenticata dal ponentino!
15-07-2003 - Ma che divertimento, con Fiorenza De Bernardi, instancabile conversatrice, piena di brio e di energia. Il bello è vederla chiamare i suoi amici felini, a cui ogni giorno porta il cibo, che piova o tiri vento o sia caldo, come in quel pomeriggio di luglio romano. Nonostante la ferita alla caviglia, che da mesi la tiene impegnata in lunghe e fastidiose cure, Fiorenza, classe 1928, lungi dal lamentarsi e dallo stare in poltrona ad aspettare la guarigione, “zompetta” di qui e di là, senza sosta, continuando a raccontarsi."Micia, micia… vieni, ecco, i croccantini.…difficoltà incontrate nell’affrontare un’attività che allora era prettamente maschile? Bé, in un certo senso non son poi state cosi grandi, perché in fondo conoscevo quasi tutti i piloti, chi faceva volo a vela, chi le gare, al di fuori dei piloti di linea, mi conoscevano; anzi, qualcuno ha trovato abbastanza normale che mi avesse preso l’Aeralpi. Era normale, ma l’Alitalia non aveva alcuna intenzione di cominciare con le donne. Io son stata la prima che ha volato Alitalia, quando la mia compagnia fu presa in affitto dall’Alitalia; Fiumicino-Verona, Trieste-Venezia, con il Twin hotter tutti voli Az. Ho cominciato la linea col Twun Hotter, bello, un aereo canadese! Ci facevamo Cortina, estate e inverno. Chiusa l’Aeralpi, Alitalia ha preso tutti, allora avevano fame di piloti: han preso tutti i ragazzi. A me hanno risposto: no perché sei una donna.”
Con il sorriso ironico di chi la sa lunga, Fiorenza ricorda quei momenti con grande allegria, continuando a trascinarmi nella distribuzione della pappa ai suoi “amicimici”.
Le chiedo: “Qualcuno ha avuto fiducia in lei, allora?”
“Sì, il generale Garetto. Era capo di Civilavia, allora si chiamava Civilavia: io avevo fatto il terzo grado (allora si chiamava terzo grado, ora commerciale) e, parlando con me, mi disse: “Sai, Fiorenza, potresti proprio entrare in linea, ti piacerebbe?” risposi: “Bè, sarebbe divertente”. Allora chiamò l’Aeralpi e propose me. L’Aeralpi era del conte Acquarone, quello che hanno ammazzato ad Acapulco, purtroppo, perché in quel momento con lui “ammazzarono” tutti noi. Garetto prese da parte il suo capo pilota e gli disse: “Fai come se fosse un maschio, o va o non va”.
E, dunque, pilota all’Aeralpi: come si trovò, unica donna nel gruppo?
“Ancora non ci si conosceva bene, ma il gruppo già si era coalizzato per scandalizzarmi, avvilirmi, demoralizzarmi…”
Le hanno fatto quello che ora si chiama mobbing…
“Si chiama mobbing? In italiano come si potrebbe dire?”
Vuol dire proprio cercare di demoralizzare la persona perché se ne vada...
"Allora ero proprio sotto…mobbing. Entravo in ufficio, come se non ci fossi. Né buongiorno, né buonasera. Finché un giorno mi infilai nel gruppo chiedendo: “Andate a pranzo? Vengo con voi”, rimasero di stucco.Alla fine, confessarono che davvero si erano messi d’accordo per vedere come reagivo e mi trovarono pure simpatica”. Ed io dissi loro che a me, vecchia alpina, che veniva dai tremila metri, non bastavano poche difficoltà per mettermi in un angolo”.
E, quindi, prese a funzionare la sua attività di pilota nel gruppo. La accolsero a far parte dei piloti…
“Già. In seguito, avemmo l’incidente a Venezia. Siamo andati a finire in laguna, testa sott’acqua con lo Skyvan, specie di grossa roulotte con le ali. Dopo il bagno, fui mandata al pronto soccorso, con l’altro collega con cui facevo addestramento di strumentale. Era ormai notte ed io, con la divisa e le scarpe inzuppate d’acqua, cercando di non farmi notare passando tra i passeggeri che aspettavano un volo, mi diressi verso l’ ufficio, in cui sentii il capo pilota dire al conte Acquarone:” …e conte, lo sa come son contrario alle donne, soprattutto a quelle pilota…però sa, qui ne abbiamo una che ha mostrato un bel po’ di sangue freddo… insomma un sacco di elogi”.
Quando l’Aeralpi, poi, dovette chiudere a causa dell’assassinio del conte Acquarone, lei volò ancora…
“Sì, certo, 18 anni di linea. Poiché l’Alitalia non mi volle, in quanto donna, fui assunta all’Air Tirrena.
Con base a Firenze, da cui fui mandata in Russia a fare tutto il corso con lo Yak 40, con istruttori che parlavano solo russo. Ho volato tanto insieme al collega Luciano Nustrini, di Firenze. Fummo i primi italiani a portare qua, dalla Russia, un aereo in forma civile, utilizzandolo per portare squadre di calcio, voli da Fiumicino, Firenze e Milano, voli charter, Bolzano… L’abbiamo portato in dimostrazione in Australia. E, poiché era un aereo per corto raggio, dovemmo fare 22 atterraggi per rifornimento; un mese in tutto di missione. Avendolo organizzato io, con il com. Sette, cercavo di piazzare i giorni di riposo in luoghi piacevoli come Singapore, Bali…insomma ci siamo divertiti. Siamo stati ospiti un giorno sulle colline del te, nella villetta dell’ambasciata italiana, dove la mattina ci trovammo a bere te e vodka e tutti a cantare’ o sole mio in russo e italiano.
Tre Yak, per andare avanti sino agli anni ‘Ottanta, diventata Avioligure, con campagna in Grecia, proprio come Olimpic. Poi ho fatto il corso sul DC8. Credo di esser stata l’unica privata, due milioni l’ora.
Avevo fatto il conto che se andavo all’Aeral con il DC 8, volando gratis per pagarmi il corso, avrei volato molto, poi sarebbe seguita una buona pensione… sarebbe valsa la pena di pagarmi il corso. L’Alitalia poi ha fatto chiudere la compagnia, (a quell’epoca poteva far chiudere quel che voleva)…e, allora, visto che non hanno fatto nulla per aiutarmi a continuare a lavorare, non ho pagato il corso.
Son tornata sullo Yak con la Kadabo.
Ma l’incidente di auto mi ha tagliato la pensione, oltre che rovinato il piede, fatto scadere il brevetto e impedito di proseguire la mia attività, dal 1985. Ora volo su aerei di montagna, perché io son anche pilota di ghiacciaio. Prima donna brevettata per i voli di montagna”.
E sentirla raccontare, sempre con il sorriso sulle labbra, tutte le sue peripezie, è un vero godimento. Arriva il gatto nero, affamato, lei apre il pacchetto dei croccantini e si avvicina al muretto dove il micio si è rifugiato.
“E’ una missione, questa, ogni giorno, dalle cinque di mattina, ora in cui mi sveglio, sino a sera. I gatti sono la mia missione. Vi spendo tutti miei averi. E se i giovani volessero intraprendere l’attività del volo, potrei loro dire che oggi non ti fanno volare. Costa molto ed è burocratizzato tutto. Tutti coloro che sono impiegati, al controllo di terra, al traffico, hanno come scopo quello di impedirti di volare. Per tre touch and go, devi andare tre volte alla dogana. Consiglierei di darsi da fare, ma occorre molto entusiasmo e convinzione di voler fare questo lavoro, che è molto boicottato.
Meglio fare altre cose. Ho notato ragazzi che frequentano i corsi della scuola aeronautica: non sanno nulla della storia dell’Aeronautica, nulla della cultura aeronautica, nulla di chi potrebbe essere un esempio per loro…non conoscono alcunché, né di Mussolini, né di Balbo, né di Ferrarin, di Mario de Bernardi... Fanno fare corsi di pilota privato gratis all’Urbe, a ragazzi a cui non importa nulla del volo..soldi che spendiamo noi”.
Ma questa è l’Italia di oggi, conclude Fiorenza. Chi le ha lasciato ottimi ricordi? Nomina con simpatia Luciano Nustrini, collega leale con cui ha condiviso le esperienze più interessanti e Aldo Gerardi, amico di suo padre, che l’invitò a Guidonia a fare il suo primo volo sul’S 79. Poi, ricorda il suo fantastico papà Mario, asso dell’aviazione italiana, che tanto le ha insegnato, con cui ha fatto gare di volo e che tanto le è stato vicino e la sua mamma, che sempre la stimolava ad affrontare nuove esperienze. Genitori intelligenti, che le hanno dato l’esempio e la forza per diventare Fiorenza De Bernardi.
Maria Clara Mussa

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