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Migrazioni e giustizia
''Un problema che giorno dopo giorno va caricandosi di soverchi contenuti politici...'', considerazione del generale Tricarico
17-09-2024 - Se si riuscisse ad esfiltrare il problema delle migrazioni dalle sabbie mobili della politica si potrebbe una volta tanto trarre vantaggio da una vicenda controversa, deleteria quanto si vuole ma progredire nel percorso di regolazione di un fenomeno divenuto oggetto di una rissosità inesauribile, anche a livello internazionale.
In linea generale, ogni volta che si parla di naufragi e soccorso, c’è da registrare una ricorrente forzatura nella interpretazione delle norme, il più delle volte destinate ad essere piegate a questa o quella tesi.
O per meglio dire, le norme a suo tempo messe a punto in ambito internazionale per prevedere scenari di un certo tipo, vengono ormai da tempo applicate a fattispecie significativamente diverse, dando per scontata la loro immutabilità perché il campo di applicazione -le Nazioni Unite- scoraggia qualunque iniziativa di modifica.

Naufrago però, nella accezione di chi quelle norme scrisse, è colui che, sorpreso da mare procelloso, da improvvise avarie o da eventi imprevisti di altra natura si trova improvvisamente in condizioni di pericolo, anche di vita.
Non è il caso dei migranti, i quali invece sono naufraghi già prima di lasciare la battigia, nella attualità e nei propositi. Le imbarcazioni sono inadatte, i nocchieri inesperti, gli equipaggiamenti inesistenti, il numero dei passeggeri eccessivo e così via.
Siamo ben certi quindi che alla loro condizione vadano rigorosamente applicate le norme internazionali del soccorso in mare, o che invece non si possa tentare per loro un quadro giuridico diverso?
Il porto sicuro poi, definito solo come un luogo dove il naufrago sottratto alle insidie del mare, possa essere sbarcato, curato e rifocillato è stato arbitrariamente affiancato dal concetto di distanza -la minima- dal luogo del soccorso. Non è così, questo non è scritto in alcuna norma anche se è intuitivo che così possa essere.

Si sorvola poi con troppa superficialità sul criterio di sovranità territoriale: una volta che il naufrago viene accolto a bordo, è come se approdasse sul territorio la cui bandiera quella unità sventola.
In questo il Codice della Navigazione è molto chiaro: dei comportamenti della Open Arms si sarebbe dovuto far carico in qualche misura il governo spagnolo, le negoziazioni per lo sbarco, così come altri eventuali esigenze dell’unità navale, avrebbero dovuto contemplare un ruolo di quel governo e non solo la messa a disposizione di un porto per lo sbarco.
E poi, se è vero come è vero che da quella nave sono state effettuate le evacuazioni sanitarie prescritte dal medico di bordo, quale è il motivo per cui il porto sicuro, già opinabile e poi aleatorio nella sua accezione di approdo più vicino, dovesse essere italiano e non maltese, greco, spagnolo, tunisino e così via?
Sono solo alcune delle riflessioni che non potranno non avere un ruolo nel prosieguo, non tanto della vicenda Salvini/Open Arms, quanto nella casistica generale che non tarderà ad arricchirsi di altri episodi simili.
Proprio per questo una riflessione serena e da condividere è più che mai auspicabile.

Vi sono provvedimenti che sicuramente andrebbero nella direzione di una migliore regolazione del fenomeno e tra questi, quello ad esempio della individuazione di una autorità sovranazionale che possa decidere nelle varie circostanze, attenendosi a regole precise, coerenti con gli accordi vigenti o elaborate ad hoc per specifiche circostanze.
È esattamente ciò che accade negli spazi aerei, dove la potestà regolatrice del traffico ordinario e di emergenza è detenuto da una agenzia centrale, Eurocontrol per gli ordinari flussi di traffico, la NATO per le emergenze.
La stessa cosa dovrebbe accadere negli spazi marittimi, in fin dei conti il traffico marittimo è andato mutuando nel tempo regole, procedure e tecnologia di quello degli spazi aerei; si tratterebbe di fare un ulteriore e più lungo passo nella direzione in cui il comparto marittimo si è incamminato e con successo da anni.
Anche sotto il profilo della fattibilità, una iniziativa del genere pare di non difficoltosa attuazione, salvo le prevedibili ma non insuperabili difficoltà di condividere le norme di comportamento, le regole di ingaggio cui l’agenzia unica per la ricerca e soccorso in mare dovrebbe uniformarsi nei vari episodi emergenziali.

Compito arduo certamente, ma non per questo ostativo in maniera dirimente per tentare di mettere ordine in un problema che giorno dopo giorno va caricandosi di soverchi contenuti politici, giungendo in qualche caso a determinare da solo gli equilibri politici di un intero Paese.

Leonardo Tricarico
 
  


 
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