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foto di: archivio Cybernaua
UNIFIL, fatevi più in là…
L'inutilità dell'ONU: ‘’ai caschi blu si spara anche in Libano’’ commenta il generale Burgio
14-10-2024 - M’ero sbagliato, in parte, e lo ammetto. Ai caschi blu si spara anche in Libano.
Gli israeliani pare abbiano deciso che i soldati di UNIFIL, a guida italiana, non siano più al sicuro. Fra inviti al “fatevi più in là”, due colpi qua e due là, ora pure due tanks son penetrati in un compound dell’UNIFIL, e questo ha un suo significato.
A Israele dell’ONU interessa poco, vive la sua sindrome d’assedio, ritiene di lottare per la propria sopravvivenza, e non guarda in faccia a nessuno.
Ma hanno ragione i nostri governanti a dire che non si possa aderire all’invito a “scansarsi”.

Già l’ONU sta fallendo da sempre in quello che sarebbe il suo “core business”, mantenere la pace, che ammetterlo apertamente togliendosi di mezzo sarebbe la fine del palazzo di (fragile) vetro. Non si può pagare quel baraccone solo per combattere la fame nel mondo e promuovere la cultura, che erano contenuti di contorno, a far finta che possano diventare la ragione sociale.

Ho detto però che ho sbagliato in parte, perché all’ONU sparano, ma non conta nulla lo stesso, col suo gioco di veti incrociati che a nulla portano e nulla consentono.
Ma l’ONU, ha una sua ragione d’essere se rimane lì a far da spettatore?

Un accenno a queste truppe e alla loro gestione finanziaria lo farei. L’ONU, per ogni soldato, paga allo stato cui appartiene un tot a cranio. Naturalmente paesi ad elevato reddito devono aggiungere somme cospicue per pagare la diaria di missione ai propri soldati, mentre quelli del 3° mondo fanno un piccolo affare, in quanto ciò che versa l’ONU è sufficiente a pagare il soldatino, e ci resta qualcosa per i governanti – spesso corrotti – di quei paesi.

Per questo vediamo tanti ragazzi di Bangla Desh, Indonesia, Nigeria etc.. Paesi come l’Italia accettano di partecipare solo per avere un ruolo internazionale di spicco, e questo ha comunque una sua logica. Non c’è l’esigenza di mantenersi fedele ad un’alleanza, come accade con le missioni NATO o con quelle di coalizione di circostanza, come il Libano ’82 e l’Albania del ’97.
Orbene, se l’ONU, che è diretta da questa massa di piccoli paesi poveri o, comunque, minori, ha interesse a tentare di mantenere questa presenza, ai paesi di spessore, fa gioco?
Intanto mi sembra di capire che Stati Uniti e Gran Bretagna, Cina e Russia, e altri paesi di rilievo si guardino bene dal metterci del proprio. Che lo facciano per non essere coinvolti nel fallimento, mi sembra fin troppo evidente.
In Libano UNIFIL opera dal 1978, ma l’ONU, con sigle diverse, sta lì dal 1948.

Nulla è cambiato sostanzialmente: ogni qual volta una delle parti intende svuotare i magazzini di munizioni di vario tipo e calibro, precipitandoli in testa all’avversario, lo fa.
All’Italia, a questo punto, conviene guidare una missione che non ha sbocchi, né risultati? Nel 1997 l’Italia guidò ALBA in Albania, fu un successo innegabile e gli obbiettivi da conseguire furono raggiunti. Qui, stavolta, c’è puzza di fallimento, e speriamo che non si arrivi a quello dei morti.
Per carità, il soldato può anche morire, fa parte del gioco, ma vorrebbe cadere perché sia servito a qualcosa. E qui non è certo responsabilità dell’Italia, che anche di recente ha invitato l’ONU a darsi una registrata, se l’ONU la registrata non se la dà e continua a non funzionare.

Ho avuto la fortuna – tale la ritengo per me – di non operare mai con il basco azzurro dell’ONU, e mi son confrontato con tanti colleghi, anche stranieri: il feedback è stato coerente a quanto ho sinora illustrato. Laggiù non si conclude nulla, le parti non rispettano le regole.
L’ONU non dà i mezzi per far rispettare il mandato. Credo ce ne sia a sufficienza per almeno riesaminare la questione in termini globali, senza nulla escludere.



Carmelo Burgio
 
  


 
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