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Saldi di fine stagione
Sentiamo il parere del generale Burgio sul cospicuo sconto di pena per l’omicida del brigadiere dell’Arma Mario Cerciello Rega e il suo complice
04-07-2024 - È di 2 giorni fa la notizia del cospicuo sconto di pena per l’omicida del brigadiere dell’Arma Mario Cerciello Rega e il suo complice, due giovanotti statunitensi.
Per chi non rammenta la vittima, uccisa a coltellate a Roma, è quel sottufficiale che una professoressa novarese sui social avrebbe giudicato “dall’aria non proprio intelligente”, salvo poi sostenere che avesse usato il di lei account un’altra persona. Certo, possibile.

Non credo che questa benevolenza sia stata esercitata dai giudici per restituire agli U.S.A. il favore fatto a Chico Forti e al governo in carica.
Non è mia intenzione criticare i giudici che, se hanno ritenuto nei vari steps procedurali, che dall’ergastolo si dovesse passare a una pena sempre più ridotta, hanno applicato la legge. Piuttosto credo che bisognerebbe procedere a modifiche legislative che vietino pene così miti in caso di omicidio volontario. Per rispetto dei parenti delle vittime.

Già, perché dietro quei teorici anni di reclusione – che pure di per sé possono sembrare pochi tenuto conto che è stato selvaggiamente massacrato un essere umano – nessuno dice che ci sarà uno sconto del 25% per buona condotta, che si dà a tutti, e dopo una parte della pena scatteranno i vari affidamenti a servizi sociali, lavoro etc., cose nelle quali una certa fascia di associazioni sono prodighe di richieste a favore di elementi legati al mondo della politica, ancorché terroristi. Ricordiamo gl’iniziali 30 anni per efferato omicidio con incendio del cadavere, finiti in assai poco anche per un provvedimento di grazia del PdR, del noto Salvatore Buzzi di “Mafia Capitale”.

Purtroppo fra sconti finalizzati a rieducare e a svuotare le carceri e leggi ad personam (non solo per Berlusconi), può succedere che un omicida passi davvero poco tempo in carcere, anche se condannato all’ergastolo. È appena il caso di ricordare che tanti terroristi – Mambor, Fioravanti, Balzerani & Co. – sian stati liberati, perché di loro si son pietosamente occupate sigle meritorie come “Nessuno tocchi Caino”.
Beh, Olindo e Rosa di Erba non mi sembra abbiano avuto ugual attenzione da queste sigle pietose, come il pastore sardo Beniamino Zoncheddu, riconosciuto innocente dopo 33 anni dell’ergastolo comminatogli.

Viene il dubbio che certi sconti si diano se hai un buon titolo di studio e militanza politica, perché a questi enti servono persone per mansioni d’ufficio. Giardinaggio e pulizie evidentemente se le faranno da soli, o provvede il Comune con un bell’appalto. Non rammento criminali comuni privi d’agganci con sigle di partito, laureatisi come Buzzi, oggetto d’uguale premura.
Per cui i due condannati stars & stripes ben presto voleranno via, una parte della pena l’hanno già scontata.

Più importante invece, a mio avviso, esplorare un altro aspetto di quel tragico evento.
Qualcuno scrisse che fosse singolare che i due carabinieri si fossero recati in servizio disarmati. Non erano sprovveduti, né pivelli, e neppure indisciplinati, eppure hanno operato una scelta consapevole, che li esponeva forse maggiormente a rischio in caso di mala parata. Perché?
Perché per ciò che dovevano fare – sorprendere qualche borseggiatore, ladruncolo o spacciatore – avrebbero probabilmente dovuto confrontarsi con un branco che avrebbe protetto il furfantello di turno. L’avrebbe fatto per partito preso perché così è stata educata una buona fetta di giovanotti e giovanotte. E l’arma al fianco avrebbe potuto essere sottratta, e magari usata contro di loro. E se l’avessero usata per difendersi – anche solo per sparare un colpo in aria – sarebbero ovviamente passati dalla parte del torto, come il collega che ferisce lo straniero su di giri davanti alla stazione ferroviaria. Per non parlare della possibilità – in luoghi affollati di movida, di centrare un passante o qualcuno affacciato alla finestra.
Questo è l’aspetto più critico della vicenda, quando il tutore dell’ordine non sente più il tifo che lo spinge alle sue spalle, ma il sospetto e il dileggio ad ogni minima azione. Quando sa che mentre sta lavorando per difendere il cittadino, ignote e plurime mani scattano a riprenderlo col telefonino, sperando nello scoop per fargli passare un guaio. Quando, a prescindere da quel che sta facendo, la sua azione “deve” avere un risvolto negativo da colpire mediaticamente e penalmente.
A quel punto si rompe qualcosa in questo rapporto di fiducia che per oltre due secoli è servito a qualcosa, a creare una tradizione di dedizione e affetto. E non è da escludersi che l’uomo in uniforme decida di non esporsi.
Mario Cerciello Rega e il suo “coppio” quella notte si son esposti e se la son giocata. Sperando andasse bene come altre volte, pur sapendo che la fortuna potesse abbandonarli. Come tanti, per fortuna, invece di girarsi dall’altra parte.
Anche se dico sempre che la fortuna è strana, e dopo un po’ si stanca.

Carmelo Burgio
 
  


 
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