02:10 domenica 24.11.2024
La questione delle ZEE (Zone Economiche Esclusive)
Analisi approfondita di Marco Florian, attento conoscitore della geopolitica di Eastmed e dei Balcani
fotografie di:

12-08-2020 - Infuria in Grecia il dibattito sull’accordo da poco siglato fra Atene ed Il Cairo, inteso a definire una seppur parziale delimitazione delle rispettive Zone Economiche Esclusive (ZEE). Accordo atteso da quindici anni e ritardato da differenti visioni fra i due Paesi, su due aspetti fondamentali della questione Eastmed:
l’esistenza ed influenza delle isole nella definizione delle ZEE (placca continentale)
quadro legale da applicare (UNCLOS, linea mediana o diversa linea concordata fra le parti)
Forte la polemica da parte dell’opposizione di SYRIZA guidata dall’ex ministro degli Esteri Nikos Kotzias (il padre del Trattato di Prespes con la Nord Macedonia) ed in tono minore da parte di KINAL (gli eredi dell’ex PASOK).
La polemica contro la decisione del governo si basa su questi elementi principali:
*Accordo parziale (sino al 28° Meridiano) che quindi lascia fuori da tale accordo l’isola di Kastellorizo e la parte di ZEE greca che l’isola andrebbe a definire applicando le previsioni della Legge del Mare UNCLOS (foto 1)
*Ridotta influenza di isole maggiori (Creta e Rodi) e minori (Karpathos, Kassos, Koufonisi) nella formazione della ZEE, a dispetto della lettera della UNCLOS (foto 1)
*Aver ceduto una quota di ZEE all’Egitto (foto 1)
*Aver ceduto potenziali ricchi giacimenti di gas e petrolio all’Egitto

Secondo i critici dell’accordo, la parzialità dello stesso e la riconosciuta limitazione dell’influenza delle isole nella formazione delle ZEE aprono le porte alle pretese di Ankara, indisponibile ad accettare i confini ZEE definiti tramite la UNCLOS (che, ricordiamolo, lasciano alla Turchia un misero 7% dell’Eastmed, principalmente a causa della ZEE potenziale di Kastellorizo).
A proposito dell’altro punto che gli stessi contestano, ovvero aver ceduto una quota della propria ZEE all’Egitto (circa il 15% dell’area considerata nell’accordo): va notato che Il Cairo sin dall’inizio aveva rifiutato di riconoscere l’influenza di Kastellorizo nei termini proposti da Atene, così come l’uso della linea mediana (50%-50%) nella definizione del confine ZEE (Cairo chiedeva il 60%, si è arrivati a circa il 55%).
In poche parole, i critici dell’accordo vedono nero e accusano il governo greco di aver ceduto alle pressioni (moderate) de Il Cairo, aprendo il vaso di Pandora delle assai più pressanti richieste turche, che utilizzando alcune Dottrine (EGAYDAAK e Profondità Strategica) reclamano l’area in Foto 2 (MAVI VATAN), ritenendo di possedere un confine ZEE con la Libia. Ne avevamo già scritto oltre due anni fa qui su Cybernaua (potete consultare l’articolo per maggiori informazioni sul tema specifico):
//www.cybernaua.it/photoreportage/reportage.php?idnews=6402
Andando oltre le critiche (un po’ troppo facili e scontate ma assai poco realistiche) dell’opposizione greca, dobbiamo anche fare diverse constatazioni:
Nessuno può decidere la propria ZEE in autonomia, specie nel quadro delle UNCLOS, ragion per la quale non è scontato l’uso della linea mediana (ricordiamo che già nel caso delle ZEE di Libia e Malta, il Tribunale dell’Aia, con sentenza 68/068-19850603-JUD-01-00, del 3 giugno del 1985, definì la linea mediana come canone non unico, proponendo invece i concetti i “equità”). Ragion per la quale, la critica sull’utilizzo di una linea differente, o sulla minore influenza delle isole nella formazione delle ZEE, è speciosa e frutto di posizioni massimaliste, poco aderenti alla realtà del momento;
Atene ha colto un’occasione unica per contrastare da un punto di vista legale l’accordo fra Libia (GNA) e Turchia del Novembre 2019, da noi anticipato qui su Cybernaua con quasi due anni di anticipo, si veda il link più sopra (foto 2). Attendere avrebbe semplicemente creato un danno per la Grecia;
La parzialità dell’accordo (sino al 28° Meridiano) è in realtà una misura intelligente, visto che lascia aperta la possibilità di un accordo equitativo con la Turchia (la quale è impossibile da ignorare per chiunque punti alla stabilizzazione del Mediterraneo), sempre tenendo conto dell’incognita Cipro. Senza questa misura e con una definizione della ZEE oltre il 28° parallelo, Atene avrebbe spalancato le porte ad una reale prospettiva di guerra, che avrebbe solamente danneggiato tutte le parti in causa.
Va notato (foto 3) che la Turchia, al di là degli annunci roboanti e destinati all’elettorato interno, sta de facto rispettando l’accordo fra Grecia ed Egitto. Lo vediamo in foto 3, sia per l’area scelta per la NAVTEX (non oltrepassa il 28° Meridiano e non invade la ZEE egiziana), sia per la rotta dell’Oruc Reis. La nave turca infatti ha invertito la rotta a poche miglia nautiche dal 28° parallelo, in ossequio ai confini della NAVTEX. =Oltre il 28° parallelo la flotta greca sarebbe dovuta intervenire, con alto livello di rischio per entrambe le parti. Cosa che nessuno vuole. Un altro segno di come le parti stiano evitando di tendere la corda oltre il punto di rottura, puntando piuttosto ad un accordo, al quale con il supporto e coordinamento della diplomazia USA, stanno lavorando da tempo.
Le considerazioni sul gas che si leggono spesso anche sulla stampa sia generalista che geopolitica italiana, sempre distratta e pressapochista sul tema Eastmed, sono errate.
L’area nella quale si muove l’Oruc Reis non è un’area di particolare interesse o ricca di giacimenti economicamente sfruttabili (le aree davvero ricche sono quelle in giallo in (foto 4). Nemmeno la pipeline Eastmed è ormai una reale preoccupazione, visto che le prospettive della stessa sono ormai al lumicino, dopo l’impatto di COVID sul mercato O&G europeo (troppo tardi post 2032, troppo costoso, senza più mercato). Più Ankara prolunga l’instabilità, anche solo di uno o due anni, più la pipeline finisce nel libro dei sogni impossibili (ed a questo Grecia, Cipro, Israele sono già preparati e stanno lavorando a scenari alternativi).
Anche se l’analisi italiana non ha affatto notato l’elemento più innovativo della geopolitica Eastmed, è necessario comprendere come Ankara voglia piuttosto evitare che future strategie infrastrutturali regionali (non solo pipelines, ma anche HVDC) vadano a contrastare la creazione di un hub del gas liquido (GNL). Hub nel quale la Turchia (prima nel Mediterraneo con i suoi 44 Bcm/anno) vede un meccanismo di sviluppo economico e strategico di primaria importanza. In questo senso, sia Ankara ma anche Atene, con il decisivo supporto USA, stanno sviluppando le proprie infrastrutture di rigassificazione e trasporto del GNL via pipelines (TANAP, TAP, IGB, Turkstream, futura connessione Grecia/N. Macedonia). Questa strategia, con il completo appoggio USA, punta a fare di Grecia e Turchia un unico hub di importazione del gas USA, in contrasto con il gas da pipeline russo, allo scopo di rifornire i Balcani, diminuendo l’impatto della diplomazia del gas russa sul lato Sud Est della NATO (foto 5). Washington, vero “primum movens” della geopolitica regionale, sta infatti lavorando all’accordo fra le parti, determinata all’implementazione di questa strategia di contrasto alle influenze russe. Vediamo questa strategia già in atto, se guardiamo ai dati di import di gas da parte di Grecia e Turchia, le quali hanno abbondantemente relegato Mosca a fornitore residuale, avendo aumentato vertiginosamente l’import di GNL USA (fattore che aumenterà ancora negli anni).

Mi sento quindi di concludere con due ultime considerazioni:
Il governo greco ha saputo cogliere un’opportunità importante, sia a livello nazionale, sia a livello regionale (stabilità, accordo con Turchia, strategia USA sul gas), con importantissimi impatti futuri sullo sviluppo economico e geopolitico del Paese. Sviluppo che però ha bisogno di stabilità e certezze legali. Quelle che solo un accordo può garantire.
Salvo incidenti creati da teste calde, non ci saranno scontri e tantomeno guerre; gli USA del resto non permetterebbero la destabilizzazione ulteriore di un’area geopolitica fondamentale (sia per la questione gas/Russia, sia Cina/Silk Way). Vedremo anzi nel 2021 dei passi decisivi verso il tanto necessario accordo fra i due Paesi, con la benedizione degli USA e scorno di quei Paesi (Francia) che invece vorrebbero giocare un ruolo di ‘’primi attori’’, per il quale però non hanno risorse e capacità.
Marco Florian Enad


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