ReaCT, il terrorismo sotto la lente d'ingrandimento
Con il patrocinio del ministero della Difesa, presentato l'Osservatorio sul radicalismo e il contrasto al terrorismo
fotografie di: Cybernaua
19-04-2019 - “ReaCT”, l'Osservatorio sul Radicalismo e il Contrasto al Terrorismo, è stato presentato il 17 aprile scorso a Roma, nella Camera dei deputati.
Davanti ad un folto pubblico riunito nella sala “Tatarella”, ReaCT ha ricevuto il battesino dalla ministra della Difesa, Elisabetta Trenta: “Oggi abbiamo una certa competenza nel comprendere e nell’affrontare la minaccia terroristica. È una capacità che abbiamo acquisito anche a caro prezzo, per i lutti e le devastazioni che abbiamo subito o a cui abbiamo assistito”.
ll nostro Paese è da sempre in prima linea nel contrasto al terrorismo, partecipando a missioni internazionali insieme ai Paesi della coalizione, in aree di crisi in cui è impegnato in attività proiettate all'incremento delle capacità delle Forze di sicurezza locali anche mediante addestramento, per renderle autonome nella lotta al terrorismo
“Oggi, purtroppo, siamo di fronte ad un tipo di terrorismo diffuso, pervasivo, delocalizzato. Un terrorismo più insidioso perché più imprevedibile” ha ancora dichiarato Trenta, augurando che in futuro possa realizzarsi un “grande patto dell'Unione Europea”.
I relatori erano: Claudio Bertolotti, analista Ce.Mi.S.S. e direttore esecutivo di ReaCT, Paola Giannetakis dell’Università Link Campus, Chiara Sulmoni di START InSight, gli onorevoli Luigi Iovino e Alberto Pagani della Commissione Difesa, Andrea Manciulli, presidente di Europa Atlantica, Andrea Carteny di CEMAS, Marco Lombardi dell’ITSTIME, Matteo Bressan di Sioi, Claudio Galzerano del Servizio per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo Esterno della Polizia di Stato, Roberto Piscitello, direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il magistrato Stefano Dambruoso.
“ReaCT è un tavolo tecnico-accademico che unisce la competenza professionale e operativa con la ricerca accademica e lo studio sul campo: una realtà non a scopo di lucro finalizzata a sviluppare, promuovere e condividere gli studi e le ricerche sul tema della radicalizzazione e del terrorismo”. Con queste parole ha aperto i lavori al tavolo dei relatori Claudio Bertolotti, precisando che l'osservatorio nasce grazie alla sinergia tra realtà pubbliche e private, nazionali e straniere, ai fini della sicurezza collettiva attraverso la condivisione della conoscenza – come vuole suggerire il logo.
Alcuni dati relativi al terrorismo dal 2014 ad oggi, riportano che su un totale di attacchi pari a 102, le vittime sono state 2683 di cui 381 morti e 2302 feriti. L'anno con maggior numero di attacchi risulta essere il 2016 (37 attacchi) [+12 sul secondo anno con più attacchi, il 2017 con 25 attacchi].
Per quanto riguarda la Radicalizzazione, Bertolotti ha fatto notare che si tratta di “radicalizzazione veloce, da non confondere con il fondamentalismo”; è in aumento tra le fasce giovani e a margine della società, in particolare tra i luoghi più a rischio si evidenziano le carceri dove è stato registrato un aumento del 72% dal 2016 al 2017 e +10% dal 2017 al 2018
“Se da un lato ciò indica certamente un aumento effettivo dei radicalizzati, dall’altro lato è altresì vero che un aumento dei radicalizzati rilevati può essere letto come un’aumentata capacità degli operatori di sapere individuare e comprendere, sempre più e sempre meglio gli indicatori di radicalizzazione. È questa una capacità che impone di sapersi adattare costantemente all’evoluzione del fenomeno. Un adattamento che impone necessari investimenti e il coinvolgimento di un numero crescente di “operatori e osservatori” di prossimità, tra questi certamente i servizi sociali e l’istruzione.
Chiara Sulmoni, giornalista e presidente di START InSight, ha sottolineato l’importanza della prospettiva e dello sguardo internazionale ed europeo nello studio e condivisione delle conoscenze sui vari aspetti della radicalizzazione, un fenomeno subdolo, sottotraccia ma dinamico, come dimostrano i numerosi attentati sventati, le reti smantellate o gli individui espulsi per ragioni di sicurezza.
La Svizzera -la parte italiana nello specifico- si trova in una situazione di continuità territoriale con la Lombardia e il Piemonte; le ramificazioni di alcuni casi hanno in passato attraversato la frontiera e da qui l’interesse a stabilire un collegamento in materia di studio, lungo l’asse Italia-Svizzera. Indagare sui meccanismi e le strade che portano all’estremismo, ascoltare le opinioni di chi lavora sul territorio o è entrato in contatto con questa realtà, la raccolta di prospettive non solo attraverso le analisi, ma un lavoro di approfondimento dei temi legati alla prevenzione può servire anche al mondo politico che deve legiferare.
Quando si parla di terrorismo si pensa al Daesh.
L'annunciata sconfitta del Daesh è totale, ha sottolinaeto il presidente di Europa Atlantica Andrea Manciulli, ma rimangono ancora questioni che possono radicalizzare: la maggioranza delle azioni terroristiche ora sono attuate da “attori solitari”.
La natura della minaccia strategica in questi anni è mutata e quello che ha trasformato la natura delle minacce è anche la tecnica di comunicazione: occidentalizzando la comunicazione Daesh ha mutato la minaccia, non sarà più lo stesso jiadhismo, proprio per la mutazione della tecnica comunicativa che usa tutti i sistemi tecnologici più avanzati.
Con Matteo Bressan, si è passati alla questione dei Foreign Fighters.
“Il foreign fighter non è una figura nuova: ricordiamo ad esempio i volontari stranieri che combatterono a fianco dei soldati spagnoli.
Nello scenario attuale, stimolati non solo da motivazione religiosa ma anche politica, sono stati elencati le milizie di Hezbollah in Siria, numerosi in Kosovo, i combattenti provenienti da Iran. Un quadro variegato che porta a considerare che di vario tipo sono i combattenti, alcuni chiamati in aiuto dai Paesi in guerra, altri invece considerati illegittimi.
Il moderatore del panel, Frediano Finucci, giornalista di La7, ha chiesto a Bressan se occorra un occhio di riguardo per coloro che, volontari, sono andati a combattere insieme ai soldati curdi, che hanno fatto il “lavoro sporco” di annientare il Daesh. Quanto accade alla causa curda incide anche sulla situazione dei combattenti.
In Italia c'è un dibattito in corso, proprio sul numero di combattenti che rientrano e che sono oggetto di attenzione da parte delle Procure ed occorre fare una riflessione sul numero dei combattenti che rientrano.
Ricordiamo, per inciso, una richiesta del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump agli alleati europei di “riprendersi i propri foreign fighters” dello Stato Islamico catturati dalle forze curde in Siria e di provvedere a processarli. L’alternativa, ha avvertito Trump, sarebbe la liberazione di questi soggetti, con tutti i rischi del caso.
Per Andrea Carteny i fenomeni di radicalizzazione emergono spesso in ambienti di osservanza religiosa: nella cultura islamica questo tipo di contesto familiare e comunitario può dare spazio ad elementi sensibili al richiamo della radicalizzazione. Tuttavia questo non significa che i fondamenti delle religione rivelate, tra cui l’Islam, non siano originariamente inclusivi e capaci di sincera solidarietà verso l’Altro. La sottile linea che divide un buon praticante da un fondamentalista deve rimanere ben presente agli studiosi, anche e soprattutto attraverso un approccio socio-antropologico capace di provvedere le “chiavi di lettura” necessarie alla comprensione del fenomeno terrorismo.
Interessante l'intervento di Roberto Piscitello che ha portato l'attenzione su un dato sconosciuto a molti:
“Si parla di Web e di carcere, quali luoghi di radicalizzazione; ma quanti conoscono il numero esatto di coloro che sono chiusi in carcere che non possono attuare alcuna attività di proselitismo perché separati dagli altri? Sono 42. Non possono autoradicalizzarsi. E' il nostro metodo repressivo, farli stare separati, metodo che è il più apprezzato dai Paesi facenti parte dell'ONU".
Per altri detenuti, per evitare che siano spinti a radicalizzarsi, occorre evitare situazioni di frustrazione durante la loro carcerazione, ha poi sottolineato.
Per Stefano Dambruoso React e’ un osservatorio importante in cui riporre importanti aspettative per lo sviluppo di riflessioni finalizzate a suggerire proposte alla politica di miglioramento delle norme per il contrasto alla radicalizzazione islamista. Riflettere sul risultato finale dei progetti di deradicalizzazione avviati in italia ed in Europa, che prevedono lavori di recupero lungo il periodo detentivo portato avanti da team multidisciplinari, senza esser certi però di poter assicurare un lavoro a terroristi deradicalizzati una volta rimessi in libertà, è un tema che React potrà seguire.
Oppure riflettere sui limiti legislativi praticabili alle nostre libertà in nome di una maggiore sicurezza sarà un altro tema sempre presente nel retroscena delle approvazioni di nuove leggi.
Con un stringato intervento, Marco Lombardi, co-direttore di ReaCT, ha parlato di forme dell'attuale terrorismo in continuo cambiamento, contro le quali occorre adottare strumenti nuovi e all'avanguardia per effettuare una lotta adeguata.
“Le parole uccidono da tempo e Daesh sa come usarle. La Terza Guerra mondiale andrà avanti ancora per molti anni. Cosa non dobbiamo fare? Non affezionamoci alle nostre idee, che sono proiezione del nostro modo di pensare. Le definizioni devono essere superate; il terrorismo è analizzato sulla base degli effetti che provoca e non dalle motivazioni e non tutto è prevedibile; l'eredità di Daesh è trasversale e non è solo la jiahd che impone nuove forme di contrasto”.
I terroristi sanno usare le parole, parole chiave simili a quelle che usano coloro che vogliono convincere: Urgenza, Il mondo finisce, non c'è più tempo... per incidere, in coloro che ascoltano, convincimenti che poi portano alla radicalizzazione.
Ha chiuso i lavori il Sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo, facendo gli auguri a ReaCT, con la conferma da parte del governo di un impegno al massimo livello nella lotta al terrorismo.
Maria Clara Mussa
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