Obiettivo: raggiungere il perfetto equilibrio
Ingrid Qualizza, la ‘’sergente di ferro’’, racconta la sua passione per lo sport estremo di ultramaratone in ambienti inospitali
fotografie di: Cybernaua e I.Qualizza
07-03-2019 - Eravamo ai CaSTA 2019.
Quest’anno si sono disputati a San Candido, Dobbiaco e Misurina, tra le montagne della Val Pusteria, sulle cui nevi i soldati italiani e quelli di 10 nazioni amiche hanno mostrato le proprie capacità di resistenza e di preparazione in gare estenuanti ed esercitazioni ove la forza fisica e la concentrazione mentale sono messe a dura prova.
E proprio di forza fisica e concentrazione mentale stavamo parlando, con colleghi e alpini che avevano appena terminato alcune prove faticose e con il generale Claudio Berto, comandante delle Truppe alpine e il vice comandante, generale Marcello Bellacicco, allorché arriva il sergente maggiore Ingrid Qualizza.
Capelli rossi, magra, già solo all’aspetto tutta energia pura; e un gran sorriso.
E’ lei l’alpino che tutti indicano come “la sergente di ferro”.
Può davvero parlare di estrema fatica, essendo esperta di 'trekking' d'alta quota, di sport di endurance, di ultramaratone che pratica di anni, da quando aveva deciso che lo sport “normale”, tipo l’andare al galoppo con il suo cavallo, era troppo semplice per lei.
Non solo, ma quando ha compiuto 25 anni, dopo aver preso il diploma di storia dell’arte, Qualizza ha indossato la divisa di alpino che l’ha fatta diventare una tra le prime donne soldato.
Appartenente al 6° reggimento alpini, ha certo completato la sua capacità operativa con l’addestramento militare, ma la forza e la determinazione sono sue dalla nascita, da quando ha aperto gli occhi nella sua terra d’origine, il Friuli, a Valli di Natisone.
E da allora, tra ultramaratone e tre missioni a Bala Mourgab, estrema fob dell’Afghanistan, come comandante di plotone e vicecomandante di squadra, ha messo insieme una interessante e nutrita raccolta di storie da raccontare.
Minuta, occhi azzurri, sorriso contagioso e semplicità straordinaria, questa donna di quarant’anni, soldato nel cuore, ha già portato a termine competizioni estreme quali la "Kalahari Augrabies Extreme Marathon" in Sudafrica, l'"Ultra Africa Race" in Burkina Faso massacrante corsa nel deserto di 220 chilometri da percorrere in cinque giorni; l'"Iznik Ultra Maratonu" in Turchia, l’”Adamello ultrarail” di 167 chilometri; tanto per elencarne alcune.
L’ultima delle quali, la Black Baikal Race, "The strongest race in Siberia” di ben 220 chilometri, compiuta proprio un anno fa, marzo 2018.
Ci racconta sorridendo serenamente, elencando le avversità incontrate, numerosi incidenti che hanno messo fuori gioco la maggior parte dei sedici partecipanti, per concludere un percorso durato poco più di tre giorni, al termine del quale sono arrivati soltanto in tre. Ed uno era Ingrid.
“Ogni concorrente aveva portato con sé il necessario per la traversata, solo il mezzo usato una slitta, la classica pulka artica, ci è stato consegnato. La mia non aveva neanche i fori per agganciare i cordini per il traino, mi sono arrangiata a praticarli io”.
E come hai raggiunto la Siberia?
“Non avendo grandi disponibilità di denaro, dove ho potuto risparmiare l’ho fatto; viaggio in pullman da Udine sino a Budapest, ove ho dormito in aeroporto, insieme ai senza dimora; quindi aereo sino a Mosca, ove ho atteso nove ore per il trasporto in Siberia”.
La Siberia non è certo un luogo caldo per vacanze…
“Temperature basse al limite della sopportazione; ma la mia mamma mi aveva fatto calze e guanti di lana con cui ho compiuto l’intero percorso”.
Si mantiene da sola questo “hobby” non spendendo in vacanze né in serate in discoteca e neppure in palestra, anche perché non ha tempo e non ama stare al chiuso; si allena correndo e percorrendo terreni ostici, estenuanti, in alta montagna e in condizioni meteorologiche pessime.
Una volta ha pure rischiato l’ipotermia…
Sa affrontare qualsiasi situazione estrema, perché si allena cercandosele!
E’ un vulcano in eruzione, quando racconta la sua passione per tale sport che le ha anche fatto incontrare il suo amore: un ragazzo con le stesse passioni e la sua stessa carica di energia, conosciuto proprio in Siberia.
Prossimo obiettivo?
Apre il suo computer e ci mostra il programma della prossima prova estrema
Annapurna Mandala trail by raidlight, Dolpo il paese nascosto, dal 4 al 22 ottobre 2019.
Dunque, ora stai allenandoti per questa ultramaratona. In che consiste?
“E’ un’iniziativa di Base Trek Camp & Expeditions, un’agenzia di spedizioni nepalese con esperienza decennale in spedizioni e 'trekking' d'alta quota” ci spiega Ingrid.
La partecipazione è aperta a uomini e donne sopra i 23 anni d’età e si svolgerà nella regione di Dolpo, la più grande del Nepal, ma anche la meno densamente popolata e la meno accessibile, lungo il confine con il Tibet cinese, i rari abitanti della regione sono generalmente installati tra i 3660 m. ed i 4000 m., guadagnandosi il record tra le popolazioni che vivono alle altitudini più elevate al mondo.
Come affronterai questa nuova avventura di endurance?
“Saranno 360 km. con 11 tappe. 18.660 metri di dislivello positivo.
Ci è consentito soltanto uno zaino, in cui trasportare il necessario per la sopravvivenza e l’autosoccorso in quota, viveri di conforto e acqua.
Terminate le riserve, sarà possibile procurarsi il cibo lungo il percorso, chiedendo anche aiuto alla popolazione che si troverà nei villaggi, rari ed estremamente difficili da raggiungere. Più semplice procurarsi l'acqua, presente in abbondanza sul territorio, ma che necessiterà di un processo di depurazione per poter essere consumata; dunque, altrettanto inaccessibile”.
Avrete assistenza per eventuali problemi sanitari?
“Il tracciato si svilupperà in luoghi estremi, quasi inarrivabili, ragione per cui tutti gli atleti, per partecipare, dovranno aderire a un “impegno scritto di solidarietà”, con l'obbligo di prestare soccorso agli altri concorrenti in caso di incidenti o malesseri dovuti all'alta quota o alla rigidità delle condizioni ambientali. Risulta infatti complesso, per l’organizzazione, garantire la sicurezza lungo il percorso, motivo per cui in caso di malori o problemi che possono rendere difficile procedere, saranno proprio gli sfidanti a dover esfiltrare il personale in difficoltà. Pena, la squalifica”.
L’alta quota è un fattore dominante. Quanto incide sulla prova?
“Il raggiungimento di certe altitudini sarà graduale e in autogestione; superare i 3000 mt. sarà piuttosto complesso. Dico complesso e non difficile perché per complesso si intende qualcosa che, pur essendo alla nostra portata, richiede un’autogestione metodica e programmata.
Dovrò cercare di mantenere un certo livello di lucidità fisica e mentale al termine di ogni tappa, che mi permetta di poter valutare attentamente lo step successivo. E per comprendere quanto si è lucidi, bisogna esser lucidi, quindi la situazione si complica”.
Partecipare all’Annapurna cosa rappresenta per te, che hai già sperimentato situazioni estreme, come la Black Baikal Race in Siberia?
“Per me, la vera sfida non sarà vincere, ma arrivare alla fine in totale serenità, lucida e con qualche energia residua che mi permetta di rendermi conto dell'impresa che avrò compiuto.
Sento davvero che questa gara mi avvicinerà sempre più al mio desiderio: riuscire a raggiungere il perfetto equilibrio, la perfetta capacità di autogestione, anche negli ambienti più inospitali”.
Maria Clara Mussa
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