Correre nel mondo superando difficoltà e confini pericolosi
Intervista con Giovanni Salvioli, maratoneta per amore dell'Arte, della Cultura e della libertà di vivere
fotografie di: Giovanni Salvioli
11-02-2019 - “Alcuni anni or sono, vent’anni fa per l’esattezza, mentre stavo al computer, applicato al mio lavoro nell’area finanziaria di una grande multinazionale francese, sognavo la Nuova Guinea…” così esordisce Giovanni Salvioli, durante il nostro incontro a Roma, davanti ad una tazza di caffè, per parlare di Afghanistan.
L’Afghanistan è un tema che ci coinvolge.
Per me, come giornalista in aree di crisi, è il Paese di cui amo la gente, il clima drammatico e le notti stellate; per lui, come amante dell’arte di cui è ricco l’Afghanistan, è il Paese costretto per anni a non esprimersi o a difendere le proprie ricchezze culturali.
Dunque la prima tappa della sua avventura, per arrivare in Afghanistan, è stata la Nuova Guinea?
“Sono sempre stato un curioso, con la grande voglia di viaggiare, di vedere e capire come vivono nei Paesi lontani dal nostro, di affrontare quella che molti chiamano “avventura” e che per me è semplicemente voglia di conoscere. La Nuova Guinea è stato il mio primo approccio alla ricerca del viaggio
Dopo la Nuova Guinea, altri Paesi lontani sono stati meta di mie “escursioni” :Yemen, Amazzonia, Gabon, Mongolia,Tajjkistan, per citarne alcuni; e le vette del Ruwenzori e del Kilimangiaro….
Si illuminano gli occhi di Giovanni, nel ricordare i viaggi realizzati per soddisfare la sua “sete” di conoscere luoghi lontani e popoli differenti.
Per quanto riguarda il suo lavoro, racconta che: “Da Milano mi avevano inviato ad occupare un ufficio a Shangai…con mio grande piacere, come ben può capire. La vita in Cina durata alcuni mesi è stata interessante e propedeutica ad un altro esperimento di conoscenza di luogo difficile: la Corea del Nord”.
Non mi dica che è riuscito a visitare la Corea del Nord, con tutte le difficoltà che comporta!
“Il viaggio nella Corea del Nord non è stato turistico, ma operativo, come punto di partenza per affrontare in seguito viaggi più competitivi.
E per uno come me, che non ha mai eseguito sforzi muscolari difficili, se non le escursioni sulle alte cime delle montagne, non è stato un fatto scontato l’iscrivermi ad un tour che organizza eventi sportivi in giro per il mondo, ma soprattutto in Paesi che nel mondo sono conosciuti come “difficili”, o “a rischio”. E, così, mi sono iscritto ad una mezza maratona in Corea del Nord.
Mezza maratona compiuta con successo, anche se non arrivato primo, ma con la soddisfazione di esserci riuscito. La partecipazione ad un evento sportivo ha facilitato l’ingresso nel Paese in cui, però, abbiamo dovuto rispettare divieti numerosi.
Innanzi tutto è proibito introdurre foto, immagini religiose o libri che parlino del Presidente, come è proibito proibito fotografare il Presidente o molti luoghi, senza il permesso dell’accompagnatore coreano che non ci lasciava soli un minuto”.
L’idea del santino mi fa sorridere; mi incuriosisce il fatto che addirittura sia proibito portarsi appresso un’immagine del santo preferito, come si porta nel portafogli la foto del fidanzato o dei figli.
Chi arriva all’aeroporto di Pyongyang è sottoposto a controlli e perquisizioni al millesimo tant’è che…
“Ero a conoscenza di tutte le restrizioni; avevamo ricevuto la lista delle cose da non fare, procurataci dal nostro tour operator; mi ero dimenticato però che nella mia solita valigia, nella tasca interna, mia madre era solita inserire l’immagine della Madonna a protezione dei miei viaggi! Non dico il mio timore, la preoccupazione che venisse scoperta. Ho fatto in modo di recuperarla, stropicciarla, renderla infinitesima e nasconderla…nelle mutande”.
Scoppio in una fragorosa risata, all’idea del maratoneta che cela un’immaginetta sacra in luoghi in cui si spera i controllori coreani non possano accedere…
E fa parte anche questo dell’avventura e dei rischi che si corrono a voler visitare luoghi considerati “proibiti”.
Sportivo, dunque! Non me l’aspettavo da un direttore finanziario, addirittura mezza maratona senza esserne esperto!
“In realtà io sono ingegnere aeronautico e ingegnere aerospaziale; la mia mente è allenata in valutazioni e calcoli. Così ho ritenuto possibile affrontare una mezza maratona pur non essendo un atleta; mi sono allenato per alcuni mesi e poi sono partito. E l’ho fatta.
Mi sono sentito pronto per affrontare altri luoghi, altre sfide con me stesso e con la difficoltà dei territori da percorrere e da conoscere”.
L’anno successivo alla Cina, l’ingegner Giovanni Salvioli viene inviato dalla sua azienda in Colombia, a Bogotà.
E Bogotà lo vede partecipe di una mezza maratona percorsa a 2600 metri di quota, superata, conclusa con rientro a casa sano e salvo, con la voglia di dimostrare a se stesso di poter fare di più, di andare oltre…
Che diamine, un ingegnere aerospaziale! lo spazio, è il suo obiettivo; ma dovendo stare con i piedi sulla terra, almeno poggiarli e muoverli in Paesi remoti e contrastati.
Dopo Bogotà cosa si è messo in testa di fare?
“Su proposta di un altro tour operator, dopo l’esperienza colombiana, arriva la maratona in Somalia. Una vera maratona completa, sotto il sole e nella sabbia della Somalia, che ha messo a dura prova il mio fisico; ma ce l’ho fatta. La Somalia è stata un’esperienza forte, che mi ha dato la forza di sognare la meta seguente: l’Afghanistan”.
Ed è così, a questo punto del racconto, che tutti e due abbiamo gli occhi lucidi.
E cominciamo a parlare dell’Afghanistan.
L’Afghanistan prende, conquista il cuore di chi lo conosce, afferra l’anima di chi alza gli occhi al cielo stellato delle sue notti limpide, pulite, senza inquinamento luminoso.
La gente afghana, con la sua cultura ed il rispetto delle tradizioni; i bambini, dai volti sorridenti che ti guardano dritto negli occhi; e il cibo, la carne di pecora arrostita infilata in lunghe spade accompagnata da contorni profumati di zafferano e spezie intense; e l’arte e la poesia…e la tragedia che da decenni incombe sulla popolazione vessata dai cosiddetti talebani, che impongono una legge islamica esasperata.
Che cosa ha fatto in Afghanistan, ma soprattutto, come ha fatto ad entrare nel Paese che è considerato il più pericoloso al mondo?
“Grazie al tour operator inglese ‘’Untamed Borders” che ha i contatti giusti per organizzare attività sportive anche in Paesi difficili, ho potuto partecipare alla maratona di montagna; un percorso durissimo, svolto a 3000 metri di quota, con temperature rigide e dislivelli tali che solo persone ben allenate hanno potuto affrontare e superare. Io, dopo alcuni chilometri dalla partenza, non sono riuscito a continuare. Ho atteso l’arrivo dei concorrenti con tranquillità, conscio del fatto che non potevo pretendere da me più di tanto. Se vorrò riprovarci, dovrò allenarmi davvero”.
Finita dunque così la sua esperienza afghana?
“Non nascondo che l’aver dovuto ritirarmi dalla maratona mi ha procurato un po’ di delusione, superata, comunque, dalla grande soddisfazione di aver potuto visitare quel meraviglioso Paese.
L’Afghanistan ha delle potenzialità turistiche enormi, se solo godesse di tranquillità e pace! Sul fatto che l’Afghanistan sia considerato il Paese più pericoloso al mondo, poi, ho qualche perplessità.
L’Afghanistan è abitato da gente meravigliosa e ospitale.
Abbiamo incontrato in alcuni villaggi bambini felici di incontrarci; abbiamo conosciuto una ragazza con la passione dell’insegnamento: vive in una caverna, resa confortevole dalla sua estrosità, attrezzata con tutto il materiale che le serve per l’educazione scolastica.
Abbiamo conosciuto anche le giovani che hanno costituito la squadra femminile di footbal, forti e capaci di sfidare le imposizioni culturali che non le vorrebbero sul campo, considerato prettamente di competenza maschile.
Tra le alte montagne, in cui si svolgeva il percorso della maratona, abbiamo ammirato laghi di un blu fantastico, dalle acque gelide, in cui normalmente si allenano gli appassionati di canoa.
La località ove si è svolta la maratona, nei pressi della splendida città di Bamian, ci ha offerto l’opportunità di visitare quel luogo magico, con i resti di quanto è strato distrutto dai taliban nel 2001, le gigantesche statue di Buddha, patrimonio dell’umanità, che ora l’Unesco si impegnerà a ricostruire”.
A causa della situazione meteorologica, con giornate piovose non favorevoli alla corsa, il gruppo di maratoneti hanno dovuto attender il miglioramento della situazione, potendo così vivere alcuni giorni nella capitale.
“A Kabul, città affascinante, siamo riusciti a stare per ben due giorni, con l’opportunità di visitarla e di entrare in contatto con la sua meravigliosa popolazione”.
L’Afghanistan è il Paese che negli Anni 60, sino ai primi dei 70, rappresentava il punto di incrocio delle civiltà occidentali e orientali, un Paese dalla cultura millenaria, all’avanguardia, felice nella propria crescita verso il benessere.
La via della seta, la strada per Katmandu, i luoghi di ritrovo di intellettuali e poeti; le donne erano libere di camminare da sole e di vestire come meglio credevano, alla moda, come le loro simili nel mondo occidentale. Le classi delle scuole erano miste, le fanciulle in minigonna non scandalizzavano alcuno e potevano scegliere quale corso di studi frequentare senza imposizione alcuna da parte della famiglia.
Il Paese degli aquiloni, dal 1979 ad oggi, vive in un clima di terrore, in cui le donne sono schiave di leggi islamiche imposte dai talebani e che ormai fanno parte della tradizione culturale delle tribù che vivono sparse nel territorio montuoso, difficilmente raggiungibile dai mezzi di comunicazione.
Passato da un regime di pace e serenità a quello attuale di terrore e guerra, l’Afghanistan non è luogo facile in cui vivere e per la donna è addirittura impossibile.
//www.cybernaua.it/photoreportage/reportage.php?idnews=6852
Anche se ora si incontrano vestite con il chador in numero maggiore che con il burqa, non significa che la loro libertà sia garantita.
Come ripete Giovanni:
“L’Afghanistan ha grandi potenzialità turistiche, già soltanto per il fascino del suo cielo stellato nelle notti in cui puoi guardare la via lattea senza contaminazioni luminose …
Prende il cuore, questo Paese, da cui si parte con la voglia fortissima di ritornarci, per conoscere, per visitare altri luoghi, per trascorrervi il tempo; quel tempo che gli Afghani posseggono, mentre noi possediamo gli orologi”.
Le immagini sono tratte dal diario di viaggio di Giovanni Salvioli
Maria Clara Mussa
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