Ricostruire la Libia, impegno di Italia e ONU
A Palermo le delegazioni arrivano in un assolato pomeriggio siciliano e l’incantevole cornice di Villa Igea si anima di frenetici andirivieni
fotografie di: C.Modica
29-11-2018 - Le misure di sicurezza sono ingenti, il dispositivo messo in atto dalla Prefettura di Palermo ha suddiviso la location in due quadranti impenetrabili: gli operatori dell’informazione sono letteralmente chiusi in una sorta di recinto che a malapena li contiene tutti, adiacente ad una vasta sala buffet le cui vetrate danno sul mare e dove il cibo tenta di placare (riuscendoci) gli animi dei giornalisti chiusi letteralmente in una sorta di recinto, dotati di tutte le necessità tranne quella di poter seguire i lavori in diretta.
Le misure di sicurezza, quelle vere, quelle militari che nei giorni della Conferenza per la Libia hanno setacciato per mare e per terra e per cielo scrutando ogni piccolo angolo e movimento del quadrante dove si sono svolti i lavori, per assicurare una ottimale riuscita della due giorni, sono state curate e messe a punto dal Ministero della Difesa.
Il contingente interforze, coordinato dal Comando Operativo di vertice Interforze (COI) ha assicurato, infatti, il potenziamento della sicurezza nei tre domini – terra, mare e nello spazio aereo – impiegando, in piena sinergia con i Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza, assetti tratti dalle unità dell’Esercito impegnate nell’operazione Strade Sicure, team di Palombari del Gruppo Operativo Subacquei (GOS) e un’Unità navale della Marina Militare, nonché alcuni velivoli dell’Aeronautica Militare.
Tale concorso, esempio di cooperazione interministeriale, è stato un’ulteriore dimostrazione della capacità di integrazione di assetti differenti, ma espressione unitaria di quel comparto – Difesa e Sicurezza – sempre più chiamato ad operare congiuntamente in tutte le sue articolazioni per garantire la piena sicurezza della collettività nazionale. Infatti, le nuove sfide e minacce hanno reso labile il confine tra sicurezza interna e difesa avanzata.
Quest’ultimo settore, vede il nostro strumento militare nazionale ampiamente coinvolto, nell’ambito delle Organizzazioni Internazionali, delle alleanze e delle coalizioni a cui l’Italia partecipa, in operazioni all’estero, che si caratterizzano sempre più marcatamente per lo sviluppo di attività di capacity building a favore dei paesi in cui si interviene.
La domanda che rimbalza per ore e che per giorni ha visto raffiche di titoli e sequenze degne di una spy-story, trova risposta solo nella tarda serata della prima giornata dei lavori: il maresciallo Khalifa Haftar fa il suo ingresso a villa Igea mentre elicotteri volteggiano nel cielo stellato di una fresca serata siciliana.
Figura imponente e che si impone nella Libia del dopo Gheddafi, facendo il buono ed il cattivo tempo, lasciandosi corteggiare da tutti per poi respingere, annuire, cambiare idea all’ultimo momento, alla stregua di una prima donna che vuole il palcoscenico tutto per sé.
Ma quello libico non è mai stato di facile dominio e, nell’era post Gheddafi, continua a vedere il popolo libico vittima di ancestrali litigi tribali e di litigiosità estrema, ai quali si sono uniti un po’ per volta, gli interessi di tutto il mondo che, dichiarando di voler fare transitare la Libia in un Paese stabile e democratico, giocano pesante sottobanco.
Ma l’Italia è entrata a testa alta, lasciando i giochi nascosti ad altri e mettendo insieme attorno a più tavoli tutti gli attori che oggi stanno avendo (nel bene e nel male) un ruolo nel percorso di rappacificazione di un territorio che è grande oltre cinque volte l’Italia.
Senza falsi proclami né partite nascoste da bluff tra alleati, l’Italia si è posta come punto di incontro e di dialogo al fianco delle Nazioni Unite nel difficile percorso di ricostruzione della Libia e di uno “state rebuilding” di non semplice attuazione.
Il vento del deserto libico arriva a Palermo inondando la città di temperature fuori stagione, star fermi al sole potrebbe provocare una insolazione ed in tanti l’abbiamo rischiata nelle lunghe pause d’attesa per immortalare sorrisi e strette di mano.
I nervosismi non sono mancati nel summit palermitano: la Turchia dà prova di malcelata diplomazia offendendosi per la mancata partecipazione ad un meeting bilaterale. Il vicepresidente turco lascia a malo modo la Conferenza portandosi appresso l’intera delegazione ed esprimendo disappunto davanti alle telecamere.
Voci di corridoio hanno poi sussurrato che, negli scontri avvenuti a Tripoli all’indomani della Conferenza, potrebbe esserci stato lo zampino della Turchia che voleva far pagare ciò che era stato considerato come uno smacco alla grandezza di Bisanzio.
Ma ciò che è avvenuto a Palermo, tra critiche dell’opposizione, offese e sorrisi di circostanza, è andato ben oltre: sono in tanti ad acclamare l’evento a firma italiana come un passaggio positivo verso la Conferenza Nazionale che si terrà in Libia nelle prime settimane di gennaio e ad elezioni entro un probabile mese di giugno.
Potrebbe essere davvero l’inizio di una primavera, reale e stabile, per il futuro del popolo libico che la pace la merita per davvero e che, nonostante la vistosa litigiosità quotidiana, saprà unirsi per uscire da una crisi che si protrae oramai da troppi anni.
L’Italia ed il suo attuale Governo si sono impegnati in questo a fianco dell’ONU per ricostruire un Paese che, sponda del Mediterraneo, ha sempre avuto un ruolo principe negli equilibri dell’area.
Carmela Modica
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