la ''Madonna della Montagna'' santuario sull'Aspromonte
Per molti anni luogo di un legame forte tra ‘ndrangheta ed il sacro, oggi Polsi vuole essere solo luogo di fede
fotografie di: E. Ortiz
13-09-2018 - Polsi: la festa della “Madonna della Montagna”
Corrado Alvaro scrittore, poeta, sceneggiatore e giornalista calabrese, nato nel 1895 a San Luca (RC), scrive: <<Dirò di una festa che è forse la più animata delle Calabrie. Le feste fanno conoscere la natura degli uomini. Nell’Aspromonte abbiamo un Santuario che si chiama di Polsi, ma comunemente della Madonna della Montagna. È un convento basiliano del Millecento, uno dei pochi che rimangono in Sud nelle Calabrie. La Madonna è opera siciliana del secolo XVI scolpita nel tufo e colorata, con due occhi bianchi e neri, fissi che guardano da tutte le parti>>.
È una delle feste calabresi – questa della Madonna di Polsi che inizia il 24 agosto e finisce il 2 di settembre di ogni anno - più emblematiche e più antiche, perché in questo Santuario è viva una fede popolare semplice e spontanea come la gente del luogo.
Per molti, Polsi e la festa della Madonna della Montagna sarebbero ancora il periodo delle probabili riunioni che si svolgono al vertice del “Crimine”, il governo della ‘ndrangheta che è al di sopra dei tre mandamenti in cui è suddivisa la Calabria (Jonico, Tirrenico e Città) e di tutti le “locali” presenti in Italia e nel mondo.
Una delle più imponenti operazioni nei confronti della ‘ndrangheta calabrese e le collegate cosche milanesi, denominata “Crimine - Infinito” coinvolse proprio questa piccola frazione del comune di San Luca.
L’indagine partì nel 2003 dalla Direzione Distrettuale Animafia (DDA) dei Tribunali di Reggio Calabria e di Milano e culminò con l’arresto di circa 300 persone per vari reati. Tra gli arrestati, Domenico Oppedisano, esponente di spicco della omonima famiglia di Rosarno che era stato nominato capo dei capi della ‘ndrangheta nel santuario della madonna di Polsi nel cuore dell’Aspromonte.
A spiegare cosa era il “Crimine” fu proprio l’arrestato in una delle tante intercettazioni dell’indagine: <<>E’ la cupola calabrese. Non è di nessuno, è di tutti>>.
Forse per molti anni il santuario di Polsi in alcuni contesti sociali calabresi è stato il luogo di un legame forte tra la ‘ndrangheta ed il sacro e soprattutto elemento unitario della ‘ndrangheta da quella antica a quella moderna.
Oggi Polsi vuole essere solo luogo di fede.
Perché la Calabria non può essere sempre una terra giudicata e condannata. La ‘ndrangheta non può essere una caratteristica antropologica di questi luoghi. Il territorio calabrese ed in questa occasione il territorio di San Luca e Polsi sono stati posti sotto la lente di ingrandimento del sistema sicurezza e controllo del territorio dei Carabinieri del Comando Stazione di San Luca supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori di Calabria che dal 1°luglio 1991 perlustrano e controllano capillarmente quotidianamente il territorio in attività autonome finalizzando il loro lavoro alla ricerca e cattura dei latitanti (circa 286 ad oggi), alla individuazione ed estirpazione delle piantagioni di Cannabis, floride in questo periodo dell’anno per via del clima. Polsi diventa ogni anno una sorta di “risorsa argomentativa” di parole che si ripetono e che colpevolizzano un territorio e chi ci vive. E a Polsi, come in qualsiasi altro luogo della Calabria, bisogna sopprimere il pregiudizio.
Il Santuario non si trova sulla vetta di un monte, ma nel fondo di una gola boscosa situata nella parte orientale dell’Aspromonte. Il cammino dei pellegrini è quello dei sentieri e delle mulattiere usate dagli eremiti del Santuario di Polsi per raggiungere il centro di Natile o San Luca. E’ difficile da affrontare tra pendii scoscesi che si diramano lungo le pareti interne della montagna e precipizi tra boschi sempreverdi e spuntoni rocciosi. In alcuni tratti, il percorso è “punteggiato” da una serie di segni per indicare la via da seguire: legna accatastata, piccoli ponti in legno ormai impercorribili nei pressi della fragorosa fiumara Bonamico. Un tempo c’erano anche le “conicelle” ovvero piccoli chioschetti improvvisati da alcuni fedeli in onore della Madonna. Polsi si raggiunge in auto; solo l’ultimo tratto si percorre a piedi. Molti devoti addirittura vi si recano in camion, per rimanere lì per i due giorni di festa, dove dormono e mangiano. Le “carovane” dei fedeli giungono da ogni comune della Calabria. Ciascuno con lo stendardo con l’effige della Madonna. Giunti nel Santuario si recano in chiesa per porgere il saluto alla Vergine, qualcuno percorre la navata in ginocchio intonando canti devozionali tra la folla che già gremisce la chiesa. Il penultimo giorno, dopo l’ultima veglia notturna, gruppetti di fedeli “per voto devozionale” ballano e suonano a suon di tamburelli e zampogne, nelle radure circostanti il Santuario. Giovani, anziani, bambini e intere famiglie si immergono in lunghe ore di musica ritmata sotto la guida dei maestri del ballo che dirigono l’entrata e l’uscita della gente nelle coreografie della tarantella. Durante la notte alcuni devoti dormono all’interno del Santuario.
Nel giorno della festa, nell’anfiteatro dietro la Chiesa, la folla è sui gradini, dove qualcuno ha dormito durante la notte pur di essere in prima fila. Si aspetta la celebrazione della Santa Messa e poi la processione che segna il momento più importante.
La processione si snoda nelle vie che attraversano i pochi edifici di Polsi raccolti intorno al Santuario. A portare la statua (in realtà è una copia in legno molto più leggera da portare in spalla) sono i confratelli pescatori di Bagnara che perpetuano il loro diritto storico, derivante forse dall’antica versione sul ritrovamento della statua in mare. L’ultimo tratto del percorso processionale è fatto “di corsa” e dura solo pochi minuti.
I portantini “bagnaroti” riescono in sincronia a condurre la statua volteggiando, senza alcun sobbalzo e con un’eleganza gestuale che rende coreografica l’antica tradizione. Appena la statua viene sollevata, i fedeli gridano “Viva Maria” e levano canti devozionali e preghiere; partono spari di fuochi pirotecnici che annunciano il culmine e la conclusione della festa.
Prima della partenza, i pellegrini fanno la fila per salutare la Madonna, ed accendono un cero come da tradizione. Poi tornano davanti alla statua per confidarle, ancora una volta, le proprie preoccupazioni, sofferenze e aspettative.
Emma Ortiz
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