11:31 lunedì 25.11.2024
Educazione ambientale all'italiana
Tasse, imposte, obblighi per un sistema che di ecologico ancora ha molto da imparare
fotografie di: Cybernaua

15-01-2018 - Prendiamo spunto da un interessante articolo del collega Nicola Porro, sulla questione dei sacchetti “biodegradabili, compostabili" dei supermercati, per affrontare il problema dell’educazione al rispetto dell’ambiente, invaso da buste di plastica pericolose perché “eterne”.
Dice Porro:
“La tassa sui sacchetti dei supermercati, che poi una tassa non è, ma una prestazione obbligatoria da parte dei consumatori a favore dei privati produttori di sacchetti, oltre a fare incavolare le massaie, ha posto la questione delle cosiddette tasse verdi.
Sapete bene la contraddizione di quella norma: nasce per disincentivare l’uso della plastica e non fa che incentivare l’uso di quella biodegradabile. Ma a vedere bene tutte le imposte verdi italiane procurano il medesimo effetto.
A differenza però della prestazione sui sacchetti, ci sono decine di vere e proprie tasse, che consumatori, contribuenti pagano per motivi green e che vengono incassate dal Tesoro. E che, come vedremo, non utilizza certo per ripulire l’ambiente.
Ma andiamo per ordine.
Secondo una recentissima ricerca dell’Ufficio valutazione impatto del Senato della Repubblica nel 2015 il Tesoro ha incassato la bellezza di 55 miliardi di euro in tasse verdi.
Le tasse ambientali sono pagate dagli italiani sotto forme diverse: accise, imposte e tasse. Il 40 per cento del malloppo arriva dall’imposta sugli oli minerali e prodotti derivati, segue l’imposta sull’energia elettrica e oneri di sistema che vale 15 miliardi …
Vi invito a continuarne l’interessante lettura, al link //www.nicolaporro.it/tasse-verdi-la-sconvolgente-scoperta-certificata-dallistat/
La nota sottolineata da Porro ci aiuta ad approfondire la questione, da molti considerata un non problema perché “la modica cifra di pochi centesimi a sacchetto non porta alla rovina nessuno”…
Da altri, invece, e noi siamo tra quelli, la questione è vista in modo meno superficiale.
La “non tassa”, che varia dai 2 centesimi ai 4 centesimi per ogni sacchetto usato per pesare prodotti vegetali, viene applicata alla cassa, nel rispetto della recente imposizione.
//www.cybernaua.it/photoreportage/reportage.php?idnews=6141
Quel prezzo imposto dagli esercenti non è una tassa: ma solo perché il beneficiario del prelievo da due centesimi che gli esercenti hanno già iniziato ad applicare, molti anche se non compri il sacchetto (direttamente sullo scontrino, quindi) non è lo Stato, ma per lo più un produttore di materia prima che rifornisce i produttori di sacchetti. Cioè "Novamont”.
Abbiamo fatto un giro tra alcuni supermercati, da Esselunga a Gros, da Todi's a Carrefour ed alle sue consorziate Smply e Conad.
Abbiamo fotografato i sacchetti in questione che tra le varie diciture riportano: Mater-Bi, Licenza Novamont n.023; altri riportano: Mater-Bi, Licenza Novamont Licenza n. 013. altri Mater-Bi, Licenza Novamont n.006.
Per conoscenza: il Mater-Bi di Novamont, è per il 25% collegata a Eni, mentre il 75% è controllato dai 26 soci di Mater Bi Spa. Il più importante è una holding domiciliata in Lussemburgo.
Abbiamo anche trovato sacchetti della F&V Ecobag by erret...
Esselunga usa sacchetti con il proprio marchio...
Cerchiamo di capire bene di quanto sia la spesa per ogni prodotto acquistato, pesandolo prima di introdurlo nel sacchetto e dopo, con il sacchetto che lo contiene.
Sembrerà una sciocchezza, perché si tratta di 1 centesimo in più.
Che però sta a dimostrare che il sacchetto è già pagato, facendo parte del prodotto che si acquista ed è pagato al prezzo del prodotto che si acquista. Che possono essere foglie di insalata oppure costosissimi frutti tropicali.
Se un mazzo di biete “nudo” costa 70 centesimi, in un sacchetto costerà 71 centesimi, a cui poi si aggiungerà il prezzo del sacchetto: a seconda nel negozio in cui si fa la spesa, quel mazzo di biete costerà 73 centesimi oppure 75 centesimi.
Una banalità?
No, non è una cosa da poco, se pensiamo che il ricavato di tale “banalità” moltiplicato per un numero immenso di consumatori, va ad ingrossare ricavi economici di enorme entità per pochi produttori di biosacchetti; biosacchetti che non si degradano in dieci giorni, ma fanno in tempo ad essere ingoiati dalle balene.
Alcuni addirittura riportano la scritta 100% degradabili e compostabili....
E tutta questa operazione viene fatta passare per “educazione ambientale”?
Secondo i sostenitori di tale sistema, si dovrebbe ridurre il consumo dei sacchetti?
No, perché per pochi centesimi non si fa certo lo sforzo di evitarne l’uso.
, perché ci si porterà il sacchetto da casa….come se il sacchetto da casa poi, dopo i vari usi, restasse in eterno chiuso in un cassetto, per evitare pericoli alle balene.
Fermo restando che il resto dei contenitori di prodotti alimentari (vaschette bianche, gialle, trasparenti, avvolte nelle pellicole, guanti per toccare la merce, bottiglie contenenti latte, acqua, bibite…) restano imperterriti in vendita.
Poi, per il loro smaltimento, si mette in moto tutto un processo che inizia con la raccolta differenziata (laddove sia prevista, non in tutta Italia, ove esistono Comuni virtuosi e Comuni inadempienti) in cui vengono spese energie da parte dei consumatori a suddividere i vari materiali da scartare.
Consumatori che, non certo remunerati per tale lavoro imposto a favore di aziende che poi usano il “differenziato” per riciclare e produrre altro materiale da cui traggono ricavi, pagano contributi elevati in tasse comunali relative al ritiro delle immondizie.
“La raccolta differenziata è al 64,2% nelle regioni settentrionali, al 48,6% per quelle del Centro e al 37,6% per le regioni del Mezzogiorno. Oltre 433 mila tonnellate di rifiuti urbani vengono mandate all’estero, soprattutto in Austria e Ungheria”.
[URL]//www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-10-31/in-italia-cresce-raccolta-differenziata-ma-433mila-tonnellate-rifiuti-vanno-all-estero-120152.shtml?uuid=AEQt6h0C[/URL]
Pubblichiamo un’immagine in cui potete vedere un gruppo di bottiglie in Pet (polietilentereftalato), di quelle che normalmente acquistiamo e che poi, vuote, gettiamo nei contenitori di rifiuti “plastica, vetro e metalli”, oppure utilizziamo altre volte per uso domestico, ma sempre, in ultimo, nel bidone dei rifiuti.
Fermo restando che non sono progettate per essere riutilizzate una seconda volta, perché col tempo perdono le proprie caratteristiche chimiche e fisiche, quelle che gettiamo via finiscono in un percorso industriale di riciclo e trasformate in altri prodotti, grazie al nostro impegno di eliminarle nel rispetto della raccolta differenziata.
Ma, a parte la soddisfazione morale di aver salvato le balene e il mondo intero da una invasione delle nostre bottiglie, soddisfazione condivisa ancora da pochi, data la cattiva educazione permanente, cosa spinge una intera popolazione a seguire le indicazioni della raccolta differenziata?
Bene, la Germania sa come fare e ci riesce.
Le nove bottiglie di plastica fotografate se consegnate ad un qualsiasi supermercato tedesco, fruttano ben Euro 2,75.
Questo è il sistema adottato in Germania, dove anche le bottiglie di vetro si restituiscono e vengono rimborsate.
Da noi si gettano nella differenziata “plastica vetro metalli”….poi ci pensano le aziende consorziate con CONAI.
Maria Clara Mussa


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