15:46 lunedì 25.11.2024
Skopje brucia; incendi sospetti e manifestazioni per l’indipendenza: ecco l’altra faccia della Macedonia (Esclusiva)
In una Macedonia che si divide tra storia e cultura tra arte e bellezze paesaggistiche hanno sfilato in migliaia vestiti dei colori del nazionalismo macedone e inneggiando alle note dell’Inno nazionale
fotografie di: Daniel Papagni

28-04-2017 - Il nostro arrivo, il 21 aprile scorso, nella città di Skopje, capitale della Repubblica di Macedonia, antica Scupi romana, il cui nome significa “torre di osservazione” dal greco antico, costruita sulle sponde del fiume Vardar, ci accoglie con grosse e spesse nuvole di fumo denso dall’odore acre.
Il traffico appare subito bloccato da uomini in divisa per le strade che dal confine Nord portano al centro della città, e l’incendio di una vecchia baracca in legno pericolosamente vicina ad una stazione del gas, è il benvenuto che la capitale macedone dà alla troupe del magazine Cybernaua accompagnata da un nostro amico fix.
A sirene spiegate gli autocarri dei vigili del fuoco hanno già fatto barriera delimitando l’area in fiamme e ponendo in sicurezza i giardini e le arterie stradali che ruotano intorno alla baracca in fiamme. Colleghi di radio e televisioni locali sono già sul posto quando noi riusciamo a parcheggiare il fuoristrada nei pressi della baracca al limite dell’ampio cordone di sicurezza e raggiungere a piedi il luogo da cui si dipanano ancora alte le fiamme.
Non è chiaro se l’incendio sia frutto di una sfortunata coincidenza o se figlio dei venti di guerra che in queste ultime settimane stanno agitando le calme acque del Vardar.
Alessandro Magno campeggia sulla piazza di Skopje, impugna fermo la sua spada, gigantesco sopra la pallida fontana di marmo bianco. Seduti al Pelister per uno spuntino non si può non notare come la città di Skopje nella sua imponente e fredda bellezza potrebbe prestarsi magnificamente bene anche come set cinematografico. Il Pelister Restaurant con i suoi legni e le sue finestre fiorite e disegnate in elegante ferro battuto acuisce l’atmosfera di severa internazionalità della piazza dove, tuttavia, non manca sovrana una enorme insegna della Coca-Cola che ne spezza le armonie ed i colori.
Fuori il vento freddo dei Balcani sferza una città che da alcune settimane vede tra le più imponenti manifestazioni che ne stanno surriscaldando  l’atmosfera dentro un turbinio di proteste pericolosamente vicine allo spettro di una guerra civile tra etnie e parti politiche da cui proprio la Macedonia era riuscita a tenersi alla larga negli anni della guerra dei Balcani, ed il cui spettro si aggira ancora minaccioso tra le genti ed i palazzi del potere.
La miccia della protesta si accende all’indomani dell’accordo che Zoran Zaev, leader dell’Unione socialdemocratico all’opposizione, cerca di concretizzare per la formazione di una coalizione con partiti di etnia albanese in cambio di loro richieste di maggiori diritti e dell’albanese come seconda lingua ufficiale. Accordo rifiutato in toto dal presidente Gjorge Ivanov che, da sempre vicino ai nazionalisti, rimarca che la questione della lingua è un tentativo di distruggere l’indipendenza della Macedonia, accusando l’Albania di interferire negli affari interni macedoni.
“Vogliamo una Macedonia libera fuori da qualsiasi progetto di una grande Albania”, spiegano a gran voce i dimostranti che a migliaia si sono dati appuntamento sotto il Palazzo del Governo.
“Non accettiamo ingerenze né accetteremo mai che il nostro Inno nazionale possa essere cambiato assieme ai colori della nostra bandiera”.
//www.cybernaua.it/video/video.php?idvideo=117
Alle cinque di un pomeriggio di freddo e nuvole a migliaia si sono dati appuntamento per manifestare il loro dissenso in un corteo che si snoda tra bandiere e musica per le vie del centro di Skopje. Tanti giovani, molti gli anziani, e poi studenti, insegnanti, che sotto l’egida del Vmro-Dpmne (partito nazionalista macedone) da due settimane hanno dichiarato il loro dissenso alla politica del governo, occupando di fatto quotidianamente la piazza e le vie della città in cortei che più di una volta hanno visto l’evolversi di una pacifica dimostrazione in guerriglia urbana.
Il no ad un possibile ingresso del partito di etnia albanese nella coalizione di governo guidata dai socialdemocratici riporta ancora una volta la minoritaria etnia albanese al centro del pericolo di nuovi conflitti etnici nell’area balcanica, riaccendendo lo spettro delle tragedie che hanno insanguinato i Paesi confinanti dove la popolazione porta ancora cicatrici e dolorose memorie.
“Noi vogliamo vivere in pace tutti insieme - sottolineano i manifestanti - senza differenze etniche né di religione né di lingua in una democrazia partecipata”.
Frasi che sembrerebbero scoraggiare chi cerca di gettare benzina sul fuoco di delicati equilibri ancora non del tutto definiti e che, tuttavia, contraddicono fatti gravi come l’occupazione del Parlamento della sera del 27 Aprile quando, a seguito dell’elezione alla presidenza dell’Assemblea di un deputato della minoranza albanese, è scoppiata una rivolta da parte di esponenti politici e manifestanti durante la quale sono state ferite quattro persone tra cui esponenti proprio della minoranza albanese.
Gli spettri e gli odi della guerra dei Balcani non hanno ancora smesso di soffiare sulle ceneri della tragedia.
Carmela Modica


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