Iraq, con le Forze Speciali Peshmerga a Makhmur
A pochi chilometri da Mosul hanno il compito di controllare e difendere i confini del Kurdistan, riconquistati nel 2014
fotografie di: Daniel Papagni
08-03-2017 - L’appuntamento per recarci al fronte è nella sede del comando delle Forze Speciali Peshmerga, a pochi chilometri da Erbil, dove siamo accolti dal comandante, generale Almi Mzuri che, dopo averci mostrato le strutture del comando, ci presenta i suoi ufficiali, con i quali svolge le attività operative che spesso li vedono a fianco delle forze armate irachene.
I terroristi di Fallujah sono uno dei loro obiettivi, contro i quali, insieme all’Iraqi Army, impiegano battaglioni armati.
Ci tiene a precisare, Mzuri, che i prigionieri sono trattati bene, perché i Peshmerga non lottano per uccidere, ma per difendersi.
“Le ‘Forze Speciali Peshmerga’, nascono dalla Brigata che inizialmente faceva parte delle ‘Iraqi Army’, ci racconta Mzuri; da tale brigata una quota è diventata Special Force, un’altra quota è “infantry”, cioè forze di terra normali”.
Paracadutista di 42 anni, Mzuri ha effettuato un completo percorso operativo che lo ha reso in grado di qualificarsi con numerosi riconoscimenti, che con orgoglio ci mostra di fronte al suo personale che è a sua volta orgoglioso di lui.
Notiamo affiatamento e reciproco apprezzamento tra di loro, mentre si apprestano a farci salire sui veicoli che ci condurranno al fronte.
Le zone di Sinjar e di Makhmur sono di loro competenza.
Con loro ci avviamo verso Makhmur, sede operativa in cui sono impegnati con l’Iraqi Army per la liberazione di Mosul.
//www.cybernaua.it/video/video.php?idvideo=111
Per raggiungere il luogo, che tra l’altro è noto per le sue cave di gesso, attraversiamo il territorio che nel 2014 fu liberato proprio dai Peshmerga
Ogni punto è fissato nella loro memoria: qui ho visto morire il mio amico; qui abbiamo per puro caso evitato un ordigno esplosivo; là è saltato il mezzo in cui si trovavano i militari…ne ricordano i nomi, ne piangono la scomparsa.
Un percorso fatto di tappe che per loro rappresentano la storia delle operazioni in cui hanno profuso l’entusiasmo, la passione, l’amore ed il sangue per la propria terra.
I villaggi intorno sono vuoti.
Alcune zone, dove all’epoca di Saddam Hussein vivevano gli Arabi, ora sono trasformate in campi di rifugiati.
Mentre viaggiamo verso il fronte, chiediamo al generale di parlarci della diga di Mosul:
“ I Peshmerga sono indispensabili per la difesa della zona…” non dice altro Mzuri, mentre intanto entriamo nel villaggio arabo trasformato in loro Head Quarter.
Da Makhmur, che dista pochi chilometri da Mosul, vediamo in lontananza alte colonne di fumo provenienti dai pozzi petroliferi messi a fuoco dal Daesh; il cielo ha un aspetto drammatico, nell’ora del tramonto, con il fumo che circonda il rosso del sole calante.
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“Noi vogliamo difendere e ricostruire il nostro Paese, continua Mzuri, così come ha anche detto il presidente Barzani alcuni giorni fa; vogliamo difendere la popolazione, vogliamo nuovi progetti a favore della comunità; vogliamo la libertà del Kurdistan”.
Mentre parla con noi, gli si avvicinano i soldati che ne attendevano la visita; lo salutano con volti che lasciano trasparire l'ammirazione che provano per lui. E' il loro comandante, combatte insieme a loro.
Gli chiediamo se sia possibile avere un’idea di quanto tempo ancora si dovrà proseguire nella lotta contro ISIS.
“Se ISIS vuole ancora la guerra noi siamo pronti a continuare a fare la guerra contro il terrorismo, ovunque sia, fosse anche in Italia; noi difendiamo i diritti umani, siamo per l’amicizia e l’umanità, contro il terrorismo”.
Se l’Italia chiama, sono pronti ad intervenire.
Una grande testimonianza di amicizia, davvero.
Maria Clara Mussa
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