Da Kanash, l’attacco dei Peshmerga
E’ la postazione strategica da cui è partita l’operazione che ha sconfitto il Daesh, aprendo le strade alle forze irachene per la riconquista di Mosul
fotografie di: Daniel Papagni
07-12-2016 - L’operazione di accerchiamento delle milizie del Daesh/ISIS è stata studiata nei minimi particolari, ci racconta il generale Muhamad Assad Khoshawi, nome de guerre Buttin, mentre ci rechiamo a Kanash, località da cui è incominciato l’attacco, nel territorio in cui scorre il fiume “piccolo Zab”.
Ben tre ponti che l’attraversano son stati distrutti dal Daesh durante la sua fuga.
Percorriamo strade che intersecano coltivazioni agricole che, a causa della siccità, hanno assunto un uniforme colore desertico. Alberi ed arbusti sembrano fatti di sabbia.
Dopo aver superato alcuni chek point, giungiamo nella zona stabilita.
L’area strategica, controllata e studiata per circa un mese, ha richiesto lungo tempo di preparazione, sia con controlli sul territorio sia con calcoli sulle mappe, che Buttin ci mostra: il piano prevedeva di respingere in cinque direzioni ben precise, lungo le strade che conducono a Mosul, i miliziani del califfato, per favorire le forze irachene a sconfiggerli.
E’ stata un’operazione complicata, perché all’inizio le forze Peshmerga si son trovate costrette a non muoversi: le loro postazioni erano molto vicine a quelle del Daesh.
Per ben due giorni di son trovati senza acqua e senza rifornimenti di cibo e senza poter contare sull’intervento aereo, che non poteva sganciare bombe, con il rischio di centrarli al posto del nemico.
Finalmente, la seconda notte sono stati in grado di fornire le giuste coordinate agli aerei, che in tal modo hanno potuto bombardare le milizie del Califfato, in maniera chirurgica.
Khaled è il comandante della base di Kanash.
Ancora funzionante ed operativa, Kanash ospita un numero di militari curdi preparati a difendere il confine della regione: proprio davanti alla base, ci fanno osservare, hanno scavato il grande solco che delimita il confine, da una parte il Kurdistan, dall’altra gli Arabi, che i Curdi non amano.
Ci ricordiamo di Khaled, per averlo incontrato alcuni mesi fa nella base vicina al villaggio Abdullah, durante il nostro viaggio nelle varie postazioni del fronte curdo.
Difenderanno l’area, non un metro di più non uno di meno.
A Kanash è avvenuta un’operazione memorabile, di cui l’esercito curdo è molto orgoglioso.
L’accerchiamento al Daesh si è svolto in cinque punti definiti, corrispondenti alle strade che conducono a Mosul, in accordo con le forze irachene che, grazie a tale tattica, successivamente sono intervenute poi con successo.
Il Daesh ha reagito lanciando missili con capacità di due chilometri di distanza, con la precisione di due metri quadrati. Missili di fabbricazione russa di cui nessuno conosce il fornitore e missili di fabbricazione iraniana, molto attuali e riconoscibili come tali dalla data di fabbricazione, risalente a soli due mesi prima.
In Mosul, altro problema per la regione del Kurdistan pare essere Hashd al-Shaabi Shiite militia, di cui lungo la strada per Kanash abbiamo notato mezzi e vessilli.
Al Shaabi, pur combattendo al fianco delle forze irachene e pur sedendosi al tavolo delle trattative, resta comunque una frangia diretta dall’Iran e, a detta del nostro interlocutore, “raccoglie molte bandiere intorno a sé, come polli in un pollaio”…ma i Peshmerga non vogliono collaborazione da loro, considerandoli pericolosi, forse anche più del Daesh stesso.
Anche la gestione della situazione che si prospetta riguardo al Daesh è ancora non del tutto chiara: se prosegue il progetto iracheno di far uscire i terroristi islamici da Mosul indenni verso la Siria e se in Siria non saranno abbattuti da interventi da parte di azioni mirate decise da Trump o da Putin, sarà un grave pericolo incombente per tutti, Europa compresa. Con grande soddisfazione da parte dell’Iran.
Mentre a Kanash ascoltiamo il loro racconto, sentiamo esplosioni di bombe che cadono poco lontano a Nimrod, l’antica città assira irachena, nel governatorato di Ninive: è il 13 novembre ed è il giorno in cui le forze irachene la riconquistano e constatano che il Daesh non è riuscito a distruggere le forti pietre del suo castello.
Ora i Peshmerga devono pensare a ripulire il territorio che si sono ripresi, proteggerne i confini e difendersi dagli Arabi, che non vogliono più vedere nel loro Paese.
Saliamo sul tetto di una baracca della base di Kanash, per avere una visione panoramica dello spazio intorno, a 12 chilometri da Mosul e per meglio osservare la lunga linea tracciata che segna il confine protetto dai Peshmerga.
Troviamo alcuni soldati a guardia.
Parliamo con loro; le loro risposte alle nostre domande, se abbiano nostalgia delle famiglie; se hanno abbandonato il loro lavoro con sacrificio; se e come sentano fisicamente il peso dei loro compiti, sono come un coro:
“ Possiamo essere affamati, stanchi, distrutti fisicamente, ma la difesa del Paese è più importante. Per tutti”.
Salutiamo i Peshmerga ed il loro comandante, generale Buttin, insieme a suo figlio, ufficiale di 21 anni, già operativo ed armato, che vuole diventare pilota.
Un giorno anche il Kurdistan avrà la propria forza aerea.
NOTA
DAESH
ad-Dawla al-Islāmiyya fī al-ʿIrāq wa l-Shām - Stato Islamico dell'Iraq e del Levante
L'acronimo DAESH viene usato in sostituzione di ISIS per indicare lo Stato Islamico. E' un termine ritenuto meno offensivo per i musulmani, ma più dispregiativo nei confronti del gruppo terroristico (la pronuncia araba ricorda il verbo "calpestare, mettere sotto i piedi"). La traslitterazione corretta dovrebbe essere Dāʿish basato sull'acronimo dell'espressione ad-Dawla al-Islāmiyya fī al-ʿIrāq wa l-Shām che in arabo significa appunto "Stato Islamico dell'Iraq e del Levante" (dove per Levante si intende la Siria).
Maria Clara Mussa
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