Impegno dell'Italia nella lotta al terrorismo
Personnel Recovery con NH90 e Mangusta, aerei da ricognizione, addestratori e forze speciali: dopo gli Stati Uniti è il secondo Paese operativo in Iraq
fotografie di: Daniel Papagni
11-05-2016 - I lavori di consolidamento e messa in sicurezza della diga di Mosul, nella provincia di Ninive in Iraq, affidati alla società italiana Trevi Spa, esperta in fondazioni speciali e consolidamento dei terreni, stanno per incominciare.
Il contratto, per un valore complessivo di 273 milioni di Euro, è avvenuta sotto la supervisione del Ministero delle risorse idriche Iracheno (MWR), ai primi di marzo di quest’anno.
Nella realizzazione del progetto “diga di Mosul”, che prevede lavori per circa due anni, sono impegnati non solo tecnici e personale della Trevi, ma anche un contingente italiano che darà protezione, sia con soldati di fanteria, sia con gli assetti aerei di ricognizione e di soccorso ai feriti, posizionato a circa venti chilometri dalla diga.
La presenza operativa dei soldati italiani, però, non è legata esclusivamente all’attività della società che ristrutturerà la diga, bensì rappresenta l’impegno della Difesa a collaborare con l’Iraq, per la sua stabilizzazione e per prevenire eventuali attacchi terroristici contro la sicurezza del territorio in cui è situata la diga.
Di questo si è parlato con il ministro della Difesa Roberta Pinotti, durante il volo di stato che l’ha condotta in visita alle autorità politiche di Baghdad e di Erbil, accompagnata dal generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa.
Durante il viaggio da Roma a Kuwait city, prima tappa del volo di stato, conversando con i giornalisti, il ministro Pinotti ha ribadito che l’Italia è in grado di offrire la propria capacità di riconoscere quali possono essere gli elementi che recano danno alla popolazione, grazie alla riconosciuta alta professionalità delle nostre Forze Armate.
«La lotta al terrorismo ha bisogno dell’impegno di tutti, sostiene Pinotti. Abbiamo ricevuto critiche sull’uso dei nostri soldati, come se fossero impegnati solo per difendere un’azienda italiana.
La richiesta di un contributo maggiore in Iraq ci è stata fatta dagli Americani.
Tra le varie opzioni vi era anche la ristrutturazione della diga di Mosul; opzione che abbiamo scelto non solo perché impegna una azienda italiana; ma anche perché i lavori alla diga servono a sostenere lo sviluppo del territorio iracheno e, se protetti dalla presenza militare, potranno contribuire alla stabilizzazione dell’Iraq. Certo, operare in un contesto come quello iracheno non è facile e non solo per la presenza del Daesh».
E’ una missione importante, per la quale dovremo affrontare situazioni legate agli scontri prevedibili tra Daesh e Peshmerga a pochi chilometri da Mosul, il cui territorio è ancora in parte sotto il controllo del califfato.
L’impegno in Iraq rappresenta uno degli obiettivi che l’Italia si è posta, in ambito della coalizione.
Ed è un progetto non indifferente.
Attualmente, tra Baghdad, Erbil e Kuwait City, l’Italia impegna ottocento uomini che a breve saliranno a 1.300.
Le attività dei nostri militari sono relative all’addestramento (7.728 persone formate, tra Peshmerga curdi e poliziotti iracheni) e alle ricognizioni aeree con Tornado, droni, C130J e rifornitori).
Precisa Pinotti: “I nostri aerei impiegati nella ricognizione forniscono dati talmente precisi ai mezzi di intervento, tanto da poter garantire operazioni senza danni a civili” (i cosiddetti collaterale damages)
“Siamo ben addestrati nel supporto aereo per il Personnel Recovery, cioè il soccorso ai feriti, ha precisato il generale Graziano, per il quale sono impiegati attualmente quattro NH-90 da trasporto, che già operano nel Paese, a fianco dei quali ed a loro protezione, saranno impiegati elicotteri d'assalto A-129 Mangusta”.
Nulla però toglie questa missione al progetto di contribuire alla stabilizzazione della Libia, ha tenuto a precisare Pinotti.
Sono due impegni che possono essere svolti in parallelo, tanto più che, per ora, sino a che non esisterà una richiesta specifica dal governo libico di Serraj ed una decisione del parlamento libico, l’intervento in Libia rimane un progetto.
“L’Italia sta compiendo ogni sforzo diplomatico, ma fino a che non riceveremo una richiesta formale di aiuto da un governo pienamente in carica, non possiamo muoverci” ha ribadito il ministro della Difesa.
Di questo potremo parlare in modo più preciso dopo la conferenza a Vienna prevista il 16 maggio prossimo, dato che per ora il governo libico è adeguato solo per attività di normale amministrazione ed il Parlamento ancora non esiste.
L’operazione “Diga di Mosul” attualmente impiega cento uomini della Difesa, che entro breve tempo saliranno di numero, sino a raggiungere la cifra di 500 circa.
“Come abbiamo fatto per la TAV, ricorda Pinotti, un impiego di persone a difendere un progetto di carattere internazionale, che nel caso della Trevi prevede un periodo di circa due anni”.
E si potenzieranno di man in mano che le esigenze di protezione del cantiere aumenteranno.
Ma la ricaduta strategica per l’Italia quale sarà?
“L’Italia in Iraq è attore non solo nel settore della sicurezza, ma anche nel teatro delle attività economiche e sociali. Non è sufficiente l’intervento militare, ma occorre cooperazione per ricostruire il Paese”.
Il potenziamento porterà le forze armate italiane al secondo posto, dopo quelle degli Stati Uniti, nella coalizione anti Daesh, per numero di personale coinvolto.
E gli attuali “cento”, impegnati nel camp Dublin, hanno ricevuto la visita del ministro, che ha voluto verificare di persona l’area dove sarà dispiegato il contingente aggiuntivo dell’operazione Prima Parthica, in territorio iracheno.
Pinotti ha loro rivolto parole di gratitudine ed apprezzamento per quanto stanno compiendo e di ammirazione per la professionalità riconosciuta in ambito internazionale, che porta alto il nome dell’Italia.
E della capacità di addestramento delle forze di sicurezza irachene abbiamo avuto una dimostrazione a “camp Dublin”, in cui abbiamo assistito ad una simulazione di attacco ad una postazione in cui era rifugiato un uomo sospettato di essere un terrorista.
Sotto gli occhi degli addestratori, carabinieri, un gruppo di sette soldati iracheni è entrato in azione con fucili AK47 in assetto di attacco, simulando la cattura del terrorista e caricandolo poi ammanettato sul mezzo.
Il tutto eseguito senza atti di violenza, anzi in pieno rispetto dei diritti umani, nozioni che fanno parte del corso di addestramento, eseguendo le procedure apprese in modo corretto, come poi ci hanno detto i loro “docenti” con soddisfazione.
Roberta Pinotti, nella sua prima giornata di “missione in Iraq” ed accompagnata dall'ambasciatore italiano Marco Carnelos è stata ricevuta dal primo ministro iracheno Haider al-Abadi, il quale ha ringraziato il nostro Paese per l’impegno nella formazione delle forze irachene e curde.
“l’Iraq arriverà ad essere il più importante impegno che in questo momento l’Italia ha nel mondo”, parole del ministro Pinotti.
Conferma ne viene anche dalle parole di militari iracheni, che dichiarano come l’intesa tra loro ed i colleghi italiani sia forte ed amichevole.
(continua; prossimo reportage sulla visita ad Erbil, Kurdistan)
Maria Clara Mussa
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