22:20 lunedì 25.11.2024
Là dove si prepara l'Esercito Somalo
I compiti della missione EUTMSomalia prevedono anche l'addestramento di soldati ed ufficiali pronti ad affrontare i problemi della sicurezza
fotografie di: Daniel Papagni

10-12-2015 - Accompagnati dalla scorta, dopo aver attraversato una parte di Mogadishu non diversa da tutto il resto, in cui si evidenziano i danni e le tragedie provocate dalla guerra civile e dalle scorribande dei clan contro le istituzioni per destabilizzare i tentativi di avviare il Paese verso la pace, arriviamo al JTC (Jazeera Training Camp).
E’ il Campo in cui Somali, provenienti da ogni parte del Paese, si integrano e seguono l’addestramento previsto dalla missione EUTMSomalia.
L’obiettivo è di rendere le Forze Armate somale in grado di affrontare da sole, in un futuro che ci si augura vicino, i problemi della sicurezza nazionale.
Nel campo, quando arriviamo, già sono in corso le simulazioni di operazioni con le armi.
Seguiamo le attività, in cui addestratore è il capitano Vincenzo Zammito, del 17° reggimento artiglieria contraerea d Sforzesca Sabaudia, nella sua prima missione in teatro internazionale, dal 1 Agosto di quest’anno.
Impartisce ordini e fa seguire quanto serva ai militari somali per capire i comportamenti nelle varie fasi di interventi di difesa.
“ All’inizio l’approccio con i Somali del campo è strano. Noi siamo abituati a vivere in un discreto benessere; quindi il primo impatto è di sorpresa, per come la vita di queste persone sia così indigente; ti chiedi come possano lavorare; ma si lavora, ed anche con soddisfazione, se si pensa che per molti occorre addirittura partire dall’insegnamento dell’alfabeto”.
Già, la pazienza è la virtù dei forti, si dice. E gli istruttori forti lo sono.
Si dedicano dapprima ad insegnare ad alcuni partecipanti al campo a leggere e scrivere, poi all’uso dei computer, quindi a quello delle armi.
“Vengono addestrati soldati indirizzati sia alle truppe sia agli incarichi di ufficiali. Si entusiasmano, affrontano il lavoro con tale passione, che occorre gratificarli esprimendo loro le nostre soddisfazioni per l’apprendimento”.
Zammito, che ha seguito tutto il percorso formativo, dalla scuola militare a 16 anni, all’Accademia di Modena e scuola di applicazione a Torino, è attualmente l’unico trainer italiano; addestra soldati futuri comandanti di compagnia.
Mentre seguiamo l’addestramento, ci accorgiamo che non tutti accettano di essere fotografati. Rispettiamo le loro esigenze, riprendendo esclusivamente chi si presta a mostrare come lavora e come è soddisfatto di essere impegnato in tale attività.
Siamo accolti dai loro sorrisi; sembrano contenti di incontrare giornalisti italiani.
Proprio perché Italiani, soprattutto: nella loro tradizione culturale l’Italia occupa ancora grande parte della memoria positiva.
I loro nonni amano l’Italia, parlano italiano. Loro no. Essi sono giovani, parlano inglese.
O somalo, ci dice l’interprete.
“Come ti chiami?”, mi chiede un ragazzo sorridendomi.
“Clara” dico io….
Un grido di gioia da parte sua e di un suo amico…”Ti chiami come la mia mamma!”
E diventiamo subito amici, pronti a scambiarci battute scherzose, in inglese ovviamente.
Si muovono seguendo le indicazioni dell’istruttore, il capitano italiano Zammito; ma anche della capitano portoghese, giovane donna ufficiale, da cui pare non abbiano alcun problema a ricevere ordini.
Li riprendiamo mentre simulano un attacco ed essi agiscono senza problemi, come se non ci fossimo.
Quindi ci rechiamo a visitare le aule, dove altri somali stanno seguendo le lezioni teoriche: ascoltano, prendono appunti, intervengono…Stanno imparando a costituire la forza dell’Esercito Somalo.
Maria Clara Mussa


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