05-06-2014 - Che la spending review, condannata dal popolo italiano, abbia un momento di tregua: stavolta la colpa non ce l'ha lei.
Perché questo 2 giugno non ha gravato più di tanto sulle tasche degli italiani, alla fine ha dato il meglio di sé, grazie a chi ogni giorno fa il proprio mestiere con dignità, onore e attaccamento ai valori della Patria.
Ma una riflessione è d'obbligo: cosa direbbero i nostri avi, quelli che combatterono nella Prima Guerra Mondiale, la stessa a cui quest'anno era dedicata la parata lungo via dei Fori imperiali? Quelli morti in trincea, che a casa hanno lasciato sogni e speranze e su questa terra l'alba a metà di una vita spezzata troppo presto. Quelli che per rendere onore al governo italiano imbracciarono i fucili e andarono incontro alla carneficina. In molti si rivolterebbero nelle tombe. Perché il baraccone della politica, questo 2 giugno, ha dato davvero il peggio di sé.
All'egocentrismo renziano siamo abituati, malgrado quei "selfie" per strada e quei "dammi un cinque" alla gente sapessero davvero di qualunquismo. Così come siamo abituati alle uscite della presidente della Camera, Laura Boldrini, impassibile davanti ai corpi militari che le passavano davanti, forse ancora indispettita perché proprio ragione non l'ha avuta sull'opportunità di tagli al comparto Difesa.
Siamo abituati alle cadute di stile delle giovani ministre Boschi e Mogherini, più impegnate a sfoggiare giacche fucsia e pettinature all'ultimo grido, che comportamenti consoni a chi porta avanti il governo di un Paese.
Siamo abituati alle tendenze arcobaleno del primo cittadino di Roma Capitale, Ignazio Marino, che ormai, da pacifista dichiarato, non può far altro che ridere davanti a chi ogni giorno si fa "un mazzo così" per garantire la sicurezza nazionale.
Un ministro della Difesa non dovrebbe essere poco incisiva nel giorno in cui Salvatore Girone alza i toni perché non ne può più di stare in India e Massimiliano Latorre fa capire a chiare lettere che la politica italiana non sa dialogare con quella di New Delhi.
Occorreva che il ministro Pinotti parlasse, il 2 giugno, che almeno dicesse che comprende quei due poveri cristi che da 28 mesi sono costretti a una vita che non è più vita, lontani dalle famiglie, anche loro schiacciate dal peso di una colpa che non esiste.
"Abbiamo eseguito gli ordini": ha detto Girone.
E che volesse dire "abbiamo sparato" (ma ha poi ribadito la loro innocenza) o "abbiamo accettato di cadere nel tranello indiano di rientrare in porto ed essere poi sottoposti alla gogna mediatica", davvero poco importa. Importa che quegli ordini li ha dati lo Stato, per mezzo di qualcuno che lo ha fatto fisicamente, ma che evidentemente non è degno di stare dove è.
E allora è lo Stato che oggi deve cospargersi il capo di cenere e assumersi le responsabilità. E' lo Stato che deve, per mezzo del governo, trovare una soluzione che sia la più rapida possibile.
E basta tentativi, basta soluzioni "miracolose" che non arrivano mai.
Il ministro della Difesa parta per Delhi, vada a parlare col cuore in mano alla politica indiana, a chi governa, da poco. E gli spieghi come due donne siano costrette a vedere i propri mariti e compagni via Skype, a vivere una vita a migliaia di chilometri di distanza, con i figli che chiedono solo il rientro dei papà nella loro terra.
Come l'Italia intera li rivoglia a casa, perché non è possibile che non ci siano ancora. Come la vita sia una e non ci si possa permettere di consentire che due innocenti la trascorrano in una Nazione in cui non vogliono stare, perché sono lì solo per aver fatto il loro dovere.
Vergogna, bisogna continuare a gridare.
Così come lo ha già fatto il 2 giugno il popolo, con quell'applauso sincero, unanime, venuto dal cuore, che gli italiani hanno fatto spontaneamente, al passaggio dei fucilieri del San Marco. Un applauso che bacchetta i politici e fa capire come i valori che quegli uomini delle due Guerre mondiali ci hanno lasciato, solo la gente comune possa tenerli vivi.
Perché il circo della politica, stavolta, li ha affossati tutti assieme.