28-09-2013 - Polvere, tanta polvere ed un sole caldo e brillante, degno del sud del Mediterraneo. Libano?
No, semplicemente l'attendamento approntato a Monte Romano in vista della missione "Leban".
Così ci ha accolto questo importante campo di addestramento presso il quale operano un migliaio di militari provenienti da più Forze Armate e diretti dalla Brigata Granatieri.
L'arrivo è in mattinata presso il poligono di Monte Romano, ad un paio d'ore a nord di Roma e subito si respira aria di ordinata operosità: la zona di comando, tappa iniziale della visita, si sviluppa interamente al di sotto di protezioni mimetiche così ben realizzate che, sino a pochi metri dall'ingresso, non si percepisce la dimensione della stessa.
E' interamente formata da tende ampie, funzionali, disposte come facessero parte di una cittadella romana e mette a disposizione del contingente tutte le facilities necessarie al corretto svolgimento di una missione: dai lavatories all'ingresso, sino alla sala briefing, all'interno della quale campeggia lo stendardo dei Granatieri, ad arrivare alle aree più strategiche, riservate ed inaccessibili a noi.
In tutto ciò però, prima delle strutture, della logistica, dei mezzi, si percepisce come sia comunque il militare, professionista preparato, ad occupare il posto principe: questo professionista è prima di tutto un uomo ed il campo lo dimostra a partire dalla propria organizzazione sino ad arrivare ai metodi di svolgimento delle singole missioni. Lo si percepisce chiaramente con l'avanzare della mattinata.
Usciamo dalla zona di comando e lo sguardo si perde ancora tra le strutture distribuite sulla superficie di un'intera collina: la zona mensa, la palestra, la zona relax e l'attendamento più ampio, sin quasi a perdita d'occhio, degli alloggi: tutto è funzionale e pensato per poter permanere a lungo, in ogni condizione operativa con il giusto equilibrio tra lo stress delle missioni ed il riposo.
Con queste riflessioni in mente ci avviamo quindi ad una serie di visite ai reparti operativi impegnati nel Demining e nel Counter EOD, ad una dimostrazione di come operi un check point e persino ad una sessione di addestramento di un plotone utilizzato per il controllo delle folle.
Nell'arco della giornata, nel vedere i ragazzi al lavoro, nel vedere le procedure di sicurezza stringenti applicate dal Genio Counter EOD e quelle utilizzate al check point, o ascoltando il comandante che illustra alcune tecniche di controllo della folla, quelle che erano sensazioni si materializzano in dati di fatto: l'uomo è al centro assoluto della vita militare. Il soldato prima di tutto, e la forza ostile trattata sempre con dignità, con l'applicazione delle contromisure minime indispensabili per ottenere il risultato: il militare è addestrato per essere capace della massima offesa ma educato ad impiegare sempre la minima indispensabile.
Ed a conferma di ciò, al debriefing il generale Maurizio Riccò, primus inter pares, attendato come tutti i suoi uomini, ci illustra l'evoluzione del processo di addestramento e quello delle F.A. tutte: in un mondo globalizzato, ove le missioni hanno sempre più un carattere internazionale e la tecnologia permea ogni giorno di più il mondo militare, l'addestramento assume anche e soprattutto un significato culturale.
Il soldato deve prima di tutto saper interagire con le popolazioni presso le quali è a supporto, deve saper interagire con commilitoni di altri paesi e deve essere aggiornato come e più della tecnologica che gli viene messa a disposizione; per tutto ciò non bastano più gli addestramenti svolti secondo l'immaginario collettivo ma è necessario fare un passo avanti.
Un "addestramento culturale" accanto a quello fisico è la strada che il generale Riccò ha voluto sottendere a conclusione della giornata di ieri e questa idea ha trovato tutti d'accordo, ospiti di una struttura pensata, realizzata ed operativa a dimostrazione che questo futuro professionale e culturale rappresenta il migliore indirizzo che le nostre F.A. possano prendere.