Afghanistan: transizione in atto
Uomini e donne per la difesa del proprio Paese
fotografie di: Daniel Papagni
22-05-2013 - Ad Herat, nei giorni scorsi i carabinieri del Police Advisor Team (PAT) del Regional Command West di stanza a Herat hanno tenuto un corso di ‘Basic Life Support/Combat Life Support’ a favore di 13 operatori della Afghan Uniform Police (AUP).
Il corso, svolto presso le strutture del 606° comando di zona della AUP, è stato organizzato per incrementare le competenze tecnico-professionali nella specifica materia fornendo ai partecipanti le nozioni sulle principali procedure di ‘Primo Soccorso’ in situazioni di emergenza operativa, sulle manovre di stabilizzazione dell’infortunato, nonché sulle procedure NATO e di triage previste per l’evacuazione medica.
Insieme ai carabinieri del PAT, al comando del tenente colonnello Gianluca Feroce (Tuscania), abbiamo avuto modo di trascorrere una mattinata nella struttura del 606° comando, confinante con la base di Herat, per incontrare il vice comandante dell’Accademia afghana il colonnello Hakmat Ullah, accompagnati dal capo della pubblica informazione della polizia afghana colonnello Alhaj Abderruf (Ahmadi), e per constatare il punto di addestramento ed organizzazione accademica a cui sono giunti gli operatori responsabili della sicurezza del proprio Paese.
La Transizione è in atto ed i comandanti della varie strutture operative ci hanno mostrato con orgoglio lo stato dell’arte in cui si sta realizzando il futuro per la sicurezza del Paese.
Un’Accademia in cui attualmente sono in addestramento mille allievi, come ci ha spiegato il colonnello Hakmat Ullah.
Ormai numerose anche donne, che abbiamo visto marciare con fierezza e seguire in aula le lezioni: cosa spinge una donna afghana ad iscriversi all’Accademia?
“Nessuna differenza con gli uomini, perché anche noi vogliamo contribuire alla difesa del Paese”.
Gli allievi, che ci hanno mostrato la propria capacità in arti marziali, la propria attenzione ai corsi di primo soccorso, con lo studio dell’anatomia, in aule attrezzate, in ambiente dignitoso e stimolante, circondato da giardini ben curati, provengono da vari settori (ANCOP, (Afghan National Civil Order Police) esercito, polizia locale, ecc).
Essi seguono per tre anni le lezioni tenute ormai da istruttori afghani, con risultati giudicati soddisfacenti da Isaf; dopo l’attestato, sono dislocati nei vari settori di impiego della sicurezza.
Un successo, questo, che gli Afghani riconoscono ai Carabinieri, per la loro professionalità profusa nell’addestrare chi ora addestra, nell’assistere con competenza e fiducia coloro che ne chiedono l’affiancamento; per l’amicizia che si è creata tra Italiani ed Afghani proprio grazie al modo rispettoso con cui l’approccio avviene, sia in ambito lavorativo sia in termini di frequentazione sociale.
Ne abbiamo avuto un esempio, in qualità di ospiti ad un pranzo tipico afghano a base di “spade di carni arrostite” organizzato nell’Accademia, partecipando all’incontro conviviale tra carabinieri e polizia afghana.
Conversando con il vice comandante Ullah, che nei tempi della rivoluzione contro i Russi è stato Mujaheddin, abbiamo avuto modo di porgli alcune domande.
“La rivoluzione contro i Russi è stata scatenata dal comportamento dei Russi che non rispettavano gli Afghani musulmani nella loro cultura e nelle loro tradizioni” ci ha detto Hakmatullah.
Cosa è stato Massud per gli Afghani?
“Massud era un leone afghano, nessuno ha dubbi su questo. Era anche un bravo comandante; un esempio per tutti, non aveva paura, era coraggiosissimo; l’ho incontrato più volte”.
Come vede il futuro del suo Paese?
“Vedo un buon futuro. Da quando Karzai ha preso potere, si son sviluppate molte cose positive. La maggior parte dei problemi del nostro Paese sono provocati da Iran e Pakistan, che interagiscono per distruggere la nostra sicurezza per loro interessi; Iran e Pakistan sono produttori di terroristi.
Tranne nel periodo in cui erano i Russi, sempre e solo Iran e Pakistan hanno provocato problemi”.
Dunque: il risultato degli sforzi operativi, della collaborazione a 360° del contingente italiano, in ambito della missione Isaf, incomincia ad essere rilevante.
Se fino a poco tempo fa Afghani ed Italiani lavoravano “spalla a spalla” (shona ba shona), ora il termine per indicare la prosecuzione del progetto è “Afghanistan, avanti”.
Resta da vedere cosa accadrà dopo il 2014, l’anno in cui i contingenti internazionali lasceranno le attività operative vere e proprie, offrendo in seguito una collaborazione che sarà sì di sostegno, ma come osservatori.
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