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Diritti Umani in Afghanistan e parità donna uomo
Riconoscenti agli Italiani per quanto hanno fatto e continuano a fare, gli Afghani chiedono ad Isaf di continuare ad aiutarli
fotografie di: Daniel Papagni

06-05-2013 - Molto grato alla collaborazione italiana è il comandante dell’ufficio Human Rights, il colonnello Abdull Khaleh, con il quale, accompagnata da due signore sue operatrici. Hamida e Noema, e addestrate dalla polizia afghana, si è svolto un breve colloquio, davanti ad una tazza di thé allo zafferano.
L’ufficio è situato nel compound del 606° comando di zona della AUP, a fianco della base di Herat, la stessa zona in cui è attiva con successo l’Accademia, in cui si addestrano le nuove e future forze della sicurezza afghana.
Ed il colonnello Khaleh ci illustra progetti e problemi che incontra per gestire la situazione dei diritti umani.
“I progetti del settore che si dedica al rispetto dei diritti umani sono molti. Per realizzarli, vengono organizzati seminari nei vari distretti, nelle province, stimolando le forze di polizia ad aumentare i controlli.”
Non hanno contributi economici, ma “abbiamo contatti con le organizzazioni internazionali, anche l’India contribuisce ad aiutarci ed inviamo spesso rapporti e documenti al governo…”
Quando il Regional Command West chiuderà, che succederà?
“Dopo il 2014, ed è una mia idea personale, sarà ancora bene che l’ANCOP, pur perfettamente autonomo ed operativo, continui a ricevere come adesso assistenza dagli amici internazionali. Nei trentun anni di continua guerra civile, gli Afghani hanno perso tutto ed ora sarebbe meglio continuare ad essere affiancati, perché Iran e Pakistan ancora creano grandi problemi”.
L’osservazione non è isolata. La questione dei diritti umani, soprattutto relativi alla condizione della donna in Afghanistan, emerge molto forte durante il colloquio avuto con Maria Bashir, procuratore presidente del Tribunale di Herat, unica donna afghana a ricoprire tale difficile incarico che la vede costretta a vivere perennemente sotto minaccia e, quindi, sotto scorta.
L’abbiamo incontrata nel suo ufficio, all’interno del palazzo del governatore di Herat, a cui siam giunti accompagnati dal colonnello Ferruccio, del PRT di Herat
Ci siam sentiti spontaneamente spinti a portarle la solidarietà e la vicinanza delle donne italiane, che seguono da anni le vicissitudini delle donne afghane.
Come vive la sua missione, le abbiamo chiesto e quali pericoli corre nel compierla?
Attraverso l’interprete, abbiamo raccolto le sue risposte.
“Non vi sono altre donne ad occupare un incarico come il mio ed è chiaro a tutto il popolo che ci sono ancora problemi di sicurezza. Vivo con questa consapevolezza e non è questo a farmi recedere dal compiere la mia missione. Ad Herat e nella provincia, il pericolo esiste”.
E’ in contatto con organismi internazionali femminili che lottano contro la violenza sulle donne?
“In questa provincia, lavorano alcune organizzazioni internazionali con cui siamo in contatto; e molto aiuto riceviamo dagli Italiani, sia dai civili che dai militari e dall’ambasciata, anche per quanto riguarda il settore della giustizia e del tribunale”.
In questi anni, il processo di crescita del Paese si è sentito anche nella gestione della legalità e delle istituzioni?
“Il sistema legale funziona bene, cosi come le procedure che vengono avviate nei casi di violenza contro le donne. Abbiamo tredici avvocate nel tribunale di Herat che compiono il proprio dovere legale. Ad ora 324 i casi di violenza sulle donne di cui sono stati avviati i processi, per le cui procedure in tribunale si lavora molto bene”.
Dopo il 2014, anno in cui finirà la missione Isaf, come vede il futuro dell’Afghanistan?
Crede nelle buone intenzioni espresse nella conferenza di Tokio nel 2012, riguardante soprattutto la parità uomo donna? E nel processo di trasformazione, che dovrà realizzarsi nella decade, dal 2015 al 2024?

“Dopo il 2014, il periodo che seguirà preoccupa tutto il popolo afghano; Isaf dovrebbe rimanere più a lungo per aiutare in modo più consistente anche le donne. La sicurezza nel nostro Paese non è garantita in modo completo, in quanto il nostro esercito è ancora troppo debole. Vorrei chiedere a Isaf di restare per ancora un po’ di tempo in questo Paese che subisce attacchi di terroristi provenienti dalla parte del mondo che odia l’Afghanistan. Tramite i media, chiedo che sia trasmessa la situazione afghana. E’ molto importante che il resto del mondo conosca la nostra situazione”.
Dopo l’incontro del vostro presidente Karzai con i rappresentanti delle forze talebane, che insistono sulla repressione della libertà delle donne, che pensa possa succedere?
“Il presidente Karzai ha promesso di usare l’incontro con i Talebani per realizzare il progresso nel percorso verso la pace. E’ importante considerare la Costituzione, tenere ben presente cosa dice la Costituzione. Certo le donne non sono felici perché i Talebani non rispettano i loro diritti”
Per chiudere, con un sorriso, un cenno faceto su come si sentano gli uomini che sono sotto la sua responsabilità e che lavorano in tribunale.
“Non ci sono problemi, perché essi rispettano molto le donne che sono professionalmente preparate e capaci, che hanno studiato e che si dedicano alle attività con capacità e consapevolezza”.

www.cybernaua.it/photoreportage/reportage.php?idnews=3932


NOTA PRT, al comando del Colonnello Giuseppe Maria Gionti, è un assetto su base 3° reggimento artiglieria da montagna, che ha il compito di supportare la governance e di sostenere il processo di ricostruzione e sviluppo congiuntamente a una componente civile rappresentata da un Consigliere del Ministero Affari Esteri. Il PRT è composto da personale del 3° reggimento artiglieria da montagna di Tolmezzo - brigata alpina "Julia" - e del Multinational CIMIC group di Motta di Livenza, nonchè da personale statunitense e sloveno. Le componenti lavorano insieme a favore della ricostruzione, incentivando l'occupazione locale (i progetti vengono materialmente realizzati da ditte afgane), lo sviluppo economico dell'area e la fiducia verso le istituzioni politiche locali e gli "elders" (anziani dei villaggi);
Maria Clara Mussa


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