Aretusa, nave misteriosa
A forma di catamarano, solca da mesi le acque del Mare Adriatico antistanti il Lido di Venezia
fotografie di: F. B.
21-10-2011 - La nave misteriosa a forma di catamarano che solca da mesi le acque del Mare Adriatico antistanti il Lido di Venezia ha un nome: Aretusa.
È la nave che ha acceso la fantasia dei bambini e la curiosità degli adulti che l'hanno vista da lontano. La forma dello scafo è sicuramente inusuale. Eppure la nave Aretusa ha il compito importantissimo, anche se misconosciuto, di sondare i fondali antistanti ai porti e di tutte le coste italiane in generale. Stranamente la maggior parte delle persone non si chiede mai da chi vengano disegnate e aggiornate le mappe nautiche, perché danno per scontato che qualcuno lo faccia. La risposta è semplice: la Marina Militare con le sue tre navi idro-oceanografiche. Il catamarano in questione è una di queste.
L'Aretusa rientra nella classe “Ninfe” Idro-Oceanografiche costiere. È un catamarano di 39,2 m. di lunghezza e 12,6 di larghezza (sono due semiscafi collegati da una struttura scatolare "cross deck" posta al di sopra del piano di galleggiamento) tutto in fibra di vetro rinforzata (materiale composito Fibre Reinforced Plastic). I due motori garantiscono la potenza di 1396 KW (1872,07 HP ) e spingono a 13 nodi di velocità massima il dislocamento dei 415 t p.c. con i 31 uomini di equipaggio. L'autonomia è garantita per dodici giorni. Il sistema di automazione della piattaforma ABB e l'impianto di posizionamento dinamico nave garantiscono una formidabile stabilità e silenziosità. La sua zona operativa ideale è costiera.
Il comandante Roberto Locci (tenente di vascello) gentilmente mi ospita a bordo per osservare e capire da vicino la loro attività. L'intenso programma organizzato con efficienza dal comandante comprende la navigazione in mare e tutte le attività di ricerca e di studio dei fondali. La nave si presenta pulita e ordinatissima. I marinari sono sereni, gentili e professionali. L'interno è spartano e tutto lo spazio sfruttabile è stato sfruttato. La nave ha cinque ponti. Ogni ponte ha la sua funzione precisa. La plancia di comando è doppia: una a prua e una a poppa. Ci sono due barche di servizio: un gommone e una idrogetto attrezzata come un laboratorio scientifico. Parlo un po' con il comandante, il quale mi racconta come si svolge la vita a bordo. Mi informa che a breve lascerà il comando per l'avvicendamento. Colgo l'occasione per chiedergli che consiglio darebbe al comandante accettante.
«Il comandante accettante [tenente di vascello Alessandro De Lucia -N.d.R.] è già a bordo e ci sarà un periodo di affiancamento di due settimane per il passaggio di consegne. É una fase delicatissima. Volendo dare un suggerimento, gli direi innanzitutto di conoscere molto approfonditamente l'equipaggio. In quanto è un equipaggio molto valido e che ha delle potenzialità elevatissime, ma sta al comandante saper capire e saper agire su ogni membro dell'equipaggio per far risaltare le sue qualità. E questo, ormai alla fine del mio comando, credo che sia la quintessenza del ruolo del comandante».
Salpiamo dall'Arsenale di Venezia e usciamo dalla Laguna di Venezia passando davanti al MOSE (opera ciclopica) in costruzione nella bocca di porto tra Punta Sabbioni e il Lido di Venezia e finalmente siamo in mare. L'Aretusa ha un complesso sistema di navigazione che le permette di rimanere ferma sul punto senza l'ausilio delle ancore, ma solamente tramite le eliche. Nella sostanza, può spostarsi anche di pochi centimetri o di pochi metri solo su espresso ordine del tenente di vascello Locci e poi mantenere la stessa posizione per giorni e giorni. Lo scarroccio creato dalla corrente dell'acqua e dal vento non ha nessun effetto su di essa. Nemmeno un maelström potrebbe farle cambiare posizione.
Mi presentano il tenente di vascello Fabrizio Marziani, specialista idrografo della Marina Militare.
Qual è il suo compito e quali sono i suoi obiettivi?
«Sono il capo componente operazioni dell'unità dell'Aretusa. L'obiettivo dell'unità, decisamente importante, è quello di conservare aggiornata la cartografia di navigazione nazionale italiana. Quella cartografia che i naviganti o comunque i diportisti o tutti quelli che vanno per mare utilizzano per navigare in sicurezza. Uno degli aspetti critici di questo lavoro è quello di acquisire i dati dei fondali che come ben saprà sono in continuo mutamento. L'unità dunque naviga e acquisisce i dati relativi alle battimetrie presenti nelle varie zone assegnate nel corso della campagna idrografica, in questo caso della campagna idrografica 2011. L'attività si compone di due elementi: un'acquisizione con vettore in mare, nel quale ci troviamo, oppure un acquisizione attraverso idrobarca. (è una piccola imbarcazione che abbiamo a bordo e che è dotata degli stessi strumenti che abbiamo sull'unità). La differenza tra le due è quella che possono lavorare su fondali diversi. L'imbarcazione più piccola viene utilizzata per fondali da zero-ottanta metri.
L'unità lavora invece dagli ottanta ai cento metri. Il lavoro finale al termine della campagna idrografica che dura all'incirca sei mesi, da aprile a novembre, è quello di avere dati aggiornati per la validazione delle carte nautiche in vigore. Le carte nautiche in questo modo vengono aggiornate e il navigante ha sempre la certezza di avere il massimo livello di sicurezza quando naviga in quelle acque. Al giorno d'oggi l'importanza di avere strumenti di elevata precisione è fondamentale, dato che lo stesso diportista ha in dotazione strumentazioni molto sofisticate. Il nostro obiettivo è quello di fornirgli dei dati di fondali e idrografici che abbiano un livello di accuratezza e di precisione superiore a quello che potrebbe impiegare in modo da garantigli di navigare con il massimo livello di sicurezza possibile».
Subito dopo vengono immersi in mare due strumenti: uno per campionare l'acqua e l'altro, una benna, per controllare la compattezza e la vitalità del fondale. Gli strumenti vengono successivamente issati a bordo e subito analizzato il contenuto. Sono operazioni importanti e i marinai si muovono con grande sicurezza ed esperienza. Un interessante prontuario viene sfogliato: al suo interno vi sono centinaia di pantoni colorati che rappresentano le varie tipologie di fondali. La comparazione avviene seduta stante e poi il limo viene scaricato a mare. I dati vengono subito trascritti e catalogati.
È l'ora di colazione e il comandante Locci mi invita al Quadrato Ufficiali. Tutto è stato preparato con cura ed essendo in navigazione dobbiamo servirci da soli. Il profumo delle pietanze è invitante. Una volta seduto a tavola apprendo che esiste uno scambio di dati tra la Marina Militare e gli enti preposti alle ricerche marine, il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ad esempio. Iniziativa interessante per ottimizzare gli sforzi abbattendo i tempi. In fin dei conti le carte di navigazione vanno preparate con una certa rapidità per evitare che i fondali possano cambiare. Il fondale del Nord del Mare Adriatico, in modo particolare, è molto mobile, perché sabbioso, con molti fiumi che vi sfociano e perché il mare è chiuso, poco profondo e con correnti deboli. Lo scopo principale è quello di garantire la vita umana attraverso una navigazione sicura con mappe aggiornate e precise. Ma anche evitare che una petroliera possa incagliarsi e conseguentemente danneggiare un tratto di costa o peggio fare un disastro ambientale.
Il compito dell'unità è dunque la base della marineria. È un lavoro silenzioso e di massima precisione.
Dopo pranzo, visito la sala di lavoro degli idrografi. La sala è vasta e zeppa di apparecchiature di rilevamento che includono: un ecoscandaglio multifascio Simrad EM300 (30 Khz), un ecoscandaglio singolo fascio Simrad EA500 (12, 120 e 200 KHz), un ecoscandaglio singolo fascio Atlas Deso 25 (33, 100 e 210 KHz), un sistema Sonar a Scansione Laterale rimorchiato Simrad MS992, sistemi di posizionamento satellitare GPS Trimble in modalità differenziale ed RTK ad alta precisione, un profilatore correntometrico doppler a scafo RDI, un mareometro OTT Orpheus, un sistema batitermografico Sippican XBT MK21, una batisonda Ocean Seven 316 con sistema Rosette per il campionamento idrologico, benne tipo Van Veen per il campionamento sedimentologico ed una centralina automatica Sindel per l'acquisizione di dati meteorologici. Al centro c'è un ampio tavolo da lavoro per la consultazione e l'elaborazione delle mappe stampate al momento da un plotter professionale. I dati raccolti vengono studiati a bordo, valorizzati e scremati da tutti quegli elementi che possano creare comunque un errore o da quelli che vengono chiamati “falsi”, cioè elementi di fondale non veritieri.
Questi elementi vengono filtrati, i dati ripuliti vengono poi ulteriormente controllati dal personale di bordo e poi elaborati in un progetto finale. Quest'ultimo viene inviato all'Istituto Idrografico della Marina di Genova per ulteriori controlli. Alla fine vengono pubblicati sulla cartografia mobile. Il processo completo di aggiornamento dura all'incirca un anno tra tempo di acquisizione dei dati e del successivo tempo di validazione.
L'unità, però, non si limita ad acquisire i dati idrografici, ma svolge anche uno studio oceanografico delle acque in cui lavora. Lo studio è volto all'analisi dei parametri della colonna d'acqua presente, agli elementi inquinanti nelle acque limitrofe. O semplicemente studi di ricerca commissionati da enti di ricerca statali o privati, ad esempio l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Ormai è sera e avviene la suggestiva ammainabandiera a poppa della nave con il tramonto che illumina la cerimonia. La preghiera del marinaio conclude la giornata.
Il buio arriva velocemente. Ceniamo. Chiedo le ultime informazioni sul rientro.
Ringrazio, saluto tutti e mi avvio alla scaletta di corda oltre il parapetto. Sotto, immersa nell'oscurità della notte, c'è l'idrobarca che mi aspetta per riportarmi a terra. La costa è lontana, fa freddino e il buio pesto trasmette forti emozioni. Inizio a scendere, guardo un attimo verso l'alto e incrocio gli sguardi fieri ed attenti degli uomini dell'equipaggio. È un saluto silenzioso e rispettoso. L'idrobarca si allontana e la nave Aretusa viene inghiottita dall'oscurità e ritorna ad essere la “nave misteriosa” che tanto ha fatto sognare i bambini e chiacchierare gli adulti, ma che continua a fornire il suo prezioso contributo in silenzio. Sono in navigazione da un po' e non riesco a distinguere nulla perché mare, cielo e terra si fondono in un'unica grande macchia blu scuro, ma la cartografia digitale di bordo permette di vedere tutto perfettamente e di navigare in assoluta sicurezza.
Il comandante Locci e i suoi uomini hanno fatto un buon lavoro!
Francesco Bergamo
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