Full metal Afghanistan (Esclusiva)
A Camp Stone, si addestrano le reclute dell'esercito afghano pronte ad essere impiegate nei punti caldi del territorio
fotografie di: Daniel Papagni
15-07-2010 - Con la visita a Camp Stone, una delle maggiori basi militari create dagli Americani, a circa 20 chilometri da Herat, abbiamo constatato i risultati della cooperazione tra Isaf e Forze Armate Afghane (ANA) (Afghan National Army).
Costituite da veri guerrieri, forti della propria tradizione e del ricordo del loro eroe, il "leone del Panjshir", Ahmad Shah Massud, necessitano di esperienze già consolidate volte al perfezionamento dell'organizzazione del loro esercito.
A questo è destinata la task force OMLT (Operational mentoring liason team), l’unità multinazionale a guida italiana che accompagna i reparti dell’esercito afgano nelle attività addestrative e operative sul campo.
Comandante regionale dell'OMLT è il colonnello Silvio Zagli, che ci ha detto “si tratta di un grande successo nella prospettiva dello sviluppo di un esercito nazionale pienamente autosufficiente e in grado di svolgere un'ampia gamma di operazioni per il controllo del territorio e la sicurezza della popolazione".
Il colonnello è affiancato dal suo capo di Stato Maggiore colonnello Pier Paolo Lamacchia.
"L’esercito afgano, ci spiega Lamacchia, dispone da oggi di una brigata di élite, di stanza a Herat e destinata a operare con i militari italiani del Regional Command West." La 1a brigata del 207mo Corpo d'Armata ha superato le verifiche di piena efficienza operativa da parte dell’Operational Mentoring and Liaison Team (OMLT).
La certificazione ottenuta – la più alta conseguibile – è il risultato di una serie di valutazioni effettuate da speciali team costituiti da militari dell’esercito afghano e di ISAF, i quali valutano il grado di autonomia raggiunto dalle unità in termini di capacità di combattimento e di sostegno logistico.
La conferma della solidale collaborazione con l'ANA, ci viene dal comandante del 207° Corpo d'Armata, generale Jalandar Sha Behnam.
Nel corso dell'intervista, gli chiediamo quali siano i rapporti con il contingente italiano e quali cambiamenti si sono verificati dall'inizio delle operazioni di ISAF
"Molti sono i cambiamenti, da quando sono incominciate le attività ISAF in Afghanistan.
I Talebani erano una minaccia per il Governo e la società, ed il popolo non aveva diritti: ISAF ha aiutato il Parlamento e il Governo, rafforzando la sicurezza nel Paese e incominciando a creare nel popolo una certa stabilità e fede nei propri diritti".
Ed il lavoro compiuto a fianco della Task Force italiana dà ottimi risultati, afghani ed italiani rappresentano un Team in cui le due componenti sono molto legate e affiatate.
Alla nostra domanda su quale sia il sistema di addestramento delle reclute, data la loro diversa provenienza, il generale ha la risposta pronta: "E' una cosa gratificante vedere come le varie etnie, Tagiki e Pastun, soprattutto, che prima si contrastavano, ora, nell'ANA, trovano il luogo d'incontro per contribuire alla crescita e al rafforzamento del proprio Paese".
La formazione e l'addestramento ogni giorno trovano motivo di esercitazione "dal vero", in situazioni in cui i soldati devono contrastare gli attacchi degli insorgenti e mettere così in atto quanto appreso.
Ulteriore conferma della solidità di questi guerrieri ci viene dal maggiore M.Asghur, comandante del kandak 4-1 (battaglione) della 1a brigata.
Fiero dei suoi uomini e grato al contingente italiano per il contributo che l'OMLT fornisce ai responsabili dell'addestramento dei suoi soldati, il maggiore Asghur ha sottolineato come i mentor italiani si rapportino in modo efficace con i militari afghani.
Il battaglione, che comprende artiglieria, ricognizione e supporto logistico, è molto apprezzato anche dai civili per la capacità di rendere sicure le strade, ripulendole dagli ordigni esplosivi posti dagli insorgenti nei percorsi che conducono alle città
Grato all'OMLT, il maggiore Asghur mostra anche di apprezzare la nostra volontà di far conoscere la situazione dell'Esercito afghano, sottoposto a grandi sacrifici nella sua fase di strutturazione e addestramento.
Asghur viene da un'alta scuola. Il suo esempio è stato l'eroe Massud, di cui era braccio destro e con il quale partecipò a molte battaglie, riportando anche gravissime ferite. Ed è con fierezza ed orgoglio che ci fa dono del "pakol", il berretto che Massud usava portare e che rappresenta l'emblema della loro volontà di risorgere e dare stabilità al Paese.
Con lui visitiamo il battaglione ed i ragazzi che stanno agli obici, pronti a dimostrare la loro efficienza, al comando del loro capitano paracadutista brevettato presso la Brigata Folgore a Pisa, Akil Mohammed..
Ragazzi dai venti ai venticinque anni, provenienti da varie e lontane città afghane, dove hanno lasciato mogli e figli che per mesi non potranno riabbracciare.
Ragazzi di varie etnie, soprattutto Tagiki e Pastun, giunti ad Herat per costituire l'Esercito afghano. Perchè? E stato loro chiesto.
La risposta unanime, di Tagiki e Pastun è stata:
"perchè vogliamo rendere libero e più forte la nostra terra, l'Afghanistan".
E quando questo progetto sarà realizzato, quando in autonomia potranno gestire le proprie attività a beneficio della comunità afghana, anche il compito dell'OMLT potrà dirsi concluso con soddisfazione.
Un compito non facile, compiuto da gente che crede nella missione, consapevole della responsabilità che li investe in tale situazione.
Ce lo confermano gli alpini, mentre rientriamo dalla visita. Il loro è un impegno 24 ore su 24, come ci dice il tenente Marco Campofranco, mentore ed istruttore di tiro, del 132° reggimento Ariete, che, per collaborare all'addestramento dell'unica batteria di artiglieria del 207° Corpo d'Armata, ha dovuto studiare i sistemi d'arma russi, essendo russi gli obici in dotazione del kandak, che li userà sino a quando non saranno in grado di cambiare sistema.
E' un'operazione impegnativa, ma di grande soddisfazione, quando oltre ai risultati evidenti si hanno anche riconoscimenti da parte dei gradi più alti del comando dell'ANA, come il comandante regionale, generale Jalandar She Behnam, che di fronte a noi ha dichiarato la profonda gratitudine al contingente italiano.
L'Afghanistan è terra difficile, anche per il clima, che in questo periodo raggiunge i cinquanta gradi ogni giorno. Ma gli alpini della Brigata Taurinense non si spaventano e, come ha detto il loro comandante generale Claudio Berto, continuano il lavoro incominciato nel 2003.
Ed i risultati si vedono.
Maria Clara Mussa
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