Afghanistan sempre nel cuore
La presentazione del libro ''Exit Tragedy. Pensare che volevamo la pace per l'Afghanistan'' nel programma de ''il Faro per le donne di Kabul''
fotografie di: Zonta club
17-04-2023 - Nell’elegante salone Dolce Vita del Mariott Grand Hotel Flora a Roma, il “Faro per le donne di Kabul”, progetto di Zonta Club Roma Capitolium, il 14 Aprile scorso, ha brillato di nuova luce, scegliendo ancora una volta il linguaggio universale dell’arte come strumento di lotta in difesa dei diritti delle ragazze e donne afghane.
Come ha ricordato la presidente del Club, avvocata Carmen Tiziana De Angelis, nel presentare l’evento, è il seguito del primo passo compiuto verso la difesa dei diritti delle donne afghane, organizzato nel novembre 2021, allorché fu proiettato il film 'The Orphanage’’.
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Questa volta, Zonta Roma ha scelto la scrittura e la fotografia per accendere i riflettori sulla drammatica situazione delle Afghane e della popolazione civile in generale, prigionieri in patria del potere talebano e vittime della più grave crisi umanitaria della Terra.
Al centro dell’evento, dunque, la presentazione di “Exit Tragedy pensare che volevamo la pace per l’Afghanistan”, libro della giornalista di guerra Maria Clara Mussa e del fotoreporter Daniel Papagni, edito da LoGisma.
Nel moderare l’incontro, il generale Giuseppe Morabito, membro del Direttivo della Nato Defence College Foundation, ha reso omaggio alla missione italiana in Afghanistan per liberare il Paese dalla dittatura talebana, costata la vita a 53 nostri militari e oltre 700 feriti.
Presenza autorevole tra i relatori, l’ambasciatore della Repubblica Islamica di Afghanistan a Roma, S.E. Khaled Ahmad Zekriya che non ha mancato di
Far notare che "per risolvere la crisi in Afghanistan, non basta – anche se ne siamo grati - che Onu, Usa e Unione europea e altre organizzazioni esortino i talebani a revocare immediatamente le loro decisioni che ledono ai diritti di ragazze e donne, né trattare con loro per ottenere solo piccole concessioni”.
“Tutte le violazioni compiute dai talebani rappresentano anche una chiara violazione delle convenzioni internazionali, della Carta Onu e dell’Accordo di Doha stipulato con gli Usa. Per questo motivo, fin quando provvedimenti seri non saranno presi dalla comunità internazionale, il prosieguo del loro attuale rapporto con i talebani li incoraggerà ulteriormente, così come i loro sostenitori, a continuare la loro oppressione e sfruttamento della popolazione afghana”.//www.cybernaua.it/news/newsdett.php?idnews=11093
E ha detto di contare “sull’appoggio dell’Italia" anche per l'organizzazione di una conferenza internazionale a Roma sul suo martoriato Paese. "L'Italia è un partner importante anche all’interno dell’Unione europea, che dovrebbe avere un peso maggiore nelle trattative insieme all’Onu e al posto degli Stati Uniti, nei quali il popolo afghano ha perso fiducia”.
L’autrice del libro ha fatto notare che “il mondo è travolto da notizie di guerra e che l’opinione pubblica si appassiona alle tragedie, ma poi se ne dimentica; mentre la comunità internazionale ha abbandonato l’Afghanistan”.
Con impeto, ha sottolineato come un’associazione internazionale ed autorevole come Zonta International potrebbe assumere l’impegno di sensibilizzare l’opinione pubblica e le potenze che governano i popoli…”Se vogliamo mantenere sempre acceso questo faro che deve illuminare e sostenere il percorso delle donne afghane, sarebbe importante che voi, eccellenze del mondo femminile delle professioni, poteste assumervi l’impegno”.
A farle eco è stato il suo ‘compagno di avventure’, Papagni, che ha fotografato in lungo e in largo l’Afghanistan, “dove abbiamo lasciato il cuore”. Nel testimoniare le loro difficili missioni nel Paese asiatico, Papagni ha raccontato di non aver mai scattato foto di corpi senza vita poiché “preferisco avere un buon ricordo che una buona foto”. Se effettivamente “dimenticare è facile, basta non ricordare”, il fotoreporter porta sempre con sé “il ricordo della forza delle donne afghane; le donne sono la forza dell’uomo”.
Ad elencare le tragedie in corso nel proprio Paese, alcune attiviste rifugiate in Italia: Batool Haidari, docente universitaria a Kabul, sessuologa in patria, dottoranda di ricerca in psicologia con una tesi sulla pedofilia maschile in Afghanistan, ha esortato a non dimenticare le donne afghane.
Rabia Alizada, giovane attivista per i diritti umani che ora studia filosofia all’Università di Roma Tor Vergata, ha deplorato che l’Afghanistan “con una storia di 5.000 anni sembra essere stato cancellato dalla mappa, con il resto del mondo spettatore di questa tragedia umana senza intervenire”-
La giornalista afghana Parwin Rahimi ha denunciato il doppio standard quando si tratta di diritti umani e di dar voce alle crisi. “Noi Afghani non siamo forse esseri umani? Tutte le attenzioni mediatiche vengono rivolte all’Ucraina e all’Iran, quotidianamente, ma per l’Afghanistan invece solo il silenzio”.
Anche l’editore di ‘’Exit Tragedy. Pensare che volevamo la pace per l’Afghanistan’’, Gherardo Lazzeri, ha espresso una propria considerazione riguardo la difesa dei diritti delle donne afghane, abbandonate attualmente al loro cupo avvenire.
A chiusura dell’incontro, la principessa India, figlia del Re di Afghanistan Amanullah esiliato in Italia dal 1929, accompagnata dal figlio Eskandar, ha voluto esprimere il proprio affetto per l’Italia.
“L’Italia e l’Afghanistan sono uniti da oltre 100 anni di amicizia. L’Italia è stata il primo Paese a riconoscere l’indipendenza completa del mio Paese. Quello italiano è stato fra i primi ambasciatori a Kabul, con la sua sposa. In Italia e in Europa siamo ormai alla terza generazione di figli di quegli afghani nati qui”. Nel suo intervento, la principessa, nata a Mumbai in India nel giugno 1929, ma vissuta sempre in Italia, ha reso omaggio ad alcuni italiani che sono stati molto importanti per l’Afghanistan: il defunto Gino Strada, “che ha dedicato la sua vita all’umanità, ai malati e a molti feriti in Afghanistan durante l’invasione sovietica”; Alberto Cairo che a Kabul da anni “aiuta tutti coloro che ancora oggi a causa delle diverse guerre perdono gli arti, gli occhi, e che lui accoglie alla Croce Rossa internazionale” nella capitale afghana, dicendomi che “rimarrebbe lì, anche se dovesse lasciare il posto di lavoro”.
Con un sentito grazie ai relatori e agli autori del libro per la loro partecipazione, l'avvocata e attivista Carmen Tiziana De Angelis, presidente del club Zonta Club Roma Capitolium ha dichiarato: “Il Faro per le donne di Kabul acceso il 29 novembre 2021 dallo Zonta Roma Capitolium è rimasto acceso e non si spegnerà fintanto che le Afghane non ritroveranno la luce. Questo evento e i prossimi saranno organizzati per continuare a manifestare contro l’oscurità”.
Redazione
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