Influenze turche in nord Macedonia
Una possibile spiegazione del caso Vienna
fotografie di: Cybernaua e Archivio
03-11-2020 - Uno degli attentatori di Vienna è un cittadino della Nord Macedonia, di origine albanese. Casuale?
Forse, questo però ci porta a dover valutare alcuni elementi che potrebbero rivelare nuovi indizi.
L'influenza turca in Macedonia è sempre stata forte, facendo leva su quel terzo di popolazione di origine albanese che vive in Nord Macedonia e pratica la religione islamica. Popolazione che ha sempre subito ingiustizie da parte del governo centrale e che nel 2011 si ribellò in armi, sino all’accordo di Ohrid che riconobbe alcuni diritti alla comunità albanese.
Senza però che questa potesse godere dello stesso status degli slavo-macedoni ed ortodossi.
Situazione che negli ultimi mesi è venuta a galla e che ha prima portato il governo di Zaev a (finalmente) riconoscere la lingua albanese come lingua ufficiale del Paese e poi, nei giorni precedenti l'approvazione del Trattato di Prespes, ha visto i parlamentari albanesi (BESA) trattare con successo una modifica costituzionale dell'ultim'ora.
Modifica di primaria importanza, in quanto riconosce i cittadini della Nord Macedonia come non "macedoni", nel rispetto delle minoranze (molto significativo che nelle loro richieste i parlamentari albanesi abbiano parlato anche per la minoranza turca).
Proprio sulle ingiustizie e sui risentimenti della comunità albanese, mediamente più fanatizzata delle altre comunità albanesi nei Balcani, ha fatto leva la Turchia, che nella Nord Macedonia ha sempre visto un punto fermo della propria espansione balcanica ed un terzo fronte (Nord) dal quale minacciare la Grecia.
Fu Erdogan infatti, durante un discorso con il parlamentare macedone di origine albanese, Artan Grubi, a dire: “l'influenza del governo turco nelle questioni politiche macedoni è senza alcun dubbio seria e costante". Lo stesso Grubi, lo ringraziò ricordando come l'aiuto finanziario e l'interscambio culturale promossi da Ankara siano di ispirazione per la comunità albanese e le sue rappresentanze politiche, come il movimento BESA. BESA venne fondato nel 2014 da Bilall Kasami e Zeqirija Ibrahimi, capo redattore della rivista Shenja, uno dei media più apertamente pro-Erdogan di tutto il Paese. Il ruolo di BESA in Macedonia ha sollevato le critiche di Ymer Ismaili, professore ed analista all'Università di Tetovo, il quale ebbe a definire il BESA è una setta religiosa, la cui missione è quella di diffondere l’Agenda di Erdogan all'interno della comunità albanese in Macedonia. Secondo Ismaili, l'obiettivo di Erdogan è semplice: minare l'Europa cristiana dal proprio interno, invadendola non "militarmente”, ma con il supporto economico e culturale alle popolazioni islamiche al suo interno.
Davanti alla possibilità che il Trattato di Prespes venisse approvato, Erdogan ha spinto il BESA a votare per il Trattato di Prespes, come soluzione di ripiego (una sorta di Piano B). Non potendo evitare un tale evento, il presidente turco pensa di per poter usare la Nord Macedonia come cavallo di Troia, primo e per ora unico stato con una così forte minoranza islamica, a raggiungere l' Unione Europea nei prossimi anni.
Quindi la UE e la NATO dovranno monitorare con attenzione gli sviluppo politici in Nord Macedonia, garantendone un veloce ingresso nelle due istituzioni ed importanti misure di aiuto e supporto, a contrasto di interferenze esterne. Negli ultimi anni Erdogan ed altri politici turchi sono intervenuti più volte sul tema dei Balcani e della Macedonia in particolare. Classico il riferimento alla Dottrina della Profondità Strategica, elaborata nel 2002 dall'ex Primo Ministro ed ex Ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu.
L'idea alla base della Profondità Strategica risiede nel fatto che la Turchia debba rivestire un ruolo geostrategico primario, basato sia sul retaggio storico ottomano, sia sulla posizione geografica di Ankara. Elementi che darebbero ad Ankara il diritto e dovere di influenzare una vasta area che include anche i Balcani. Nei quali la Macedonia, insieme ad Albania, Kosovo, Montenegro e Bosnia, dovrebbe far parte dell'arco islamico balcanico immaginato da Ankara. In diversi discorsi pubblici Erdogan ha ribadito l'esistenza di vincoli di fratellanza fra Turchia e Macedonia, ricordando che la Turchia sarebbe sempre stata al fianco di Skopje, sostenendola in tutti i modi: militarmente, economicamente, politicamente. In un discorso del febbraio 2018, il Presidente turco ha detto: “Per noi, fra Ankara e Skopje non c'è alcuna differenza e non lasceremo mai i nostri fratelli da soli, li aiuteremo sempre e saremo sempre al loro fianco". L’influenza culturale e religiosa di Ankara, le scuole, le NGO, la Maarif Foundation
Diverse sono le accuse ad Ankara di fomentare le divisioni etniche in Nord Macedonia ed in particolare l'indottrinamento islamico dei giovani Macedoni.
Secondo Nordic Monitor diverse organizzazioni turche, specie NGO, vicine in qualche modo al governo di Ankara, sono state responsabili negli anni del reclutamento di giovani Albanesi da trasformare in jihadisti ed inviare ai vari fronti caldi in Medio Oriente.
Due le NGO citate in particolare.
Una è la ”Foundation for Human Rights and Freedoms and Humanitarian Relief (İnsan Hak ve Hürriyetleri ve İnsani Yardım Vakfı, in turco, abbreviata in İHH)". Il cui capo Bülent Yıldırım, ha lavorato in passato a stretto contatto con Hakan Fidan, il capo dei servizi segreti di Ankara e confidente di Erdoğan.
L'altra NGO accusata da Nordic Monitor è la ”Social Fabric Foundation (Sosyal Doku Vakfı)”, guidata da un religioso che Nordic Monitor definisce jihadista, Nureddin Yıldız. Yıldız, che ha più volte evocato la Jihad, ha definito la democrazia come un sistema per "infedeli" utile solo come copertura dietro la quale salire al potere. Yıldız sarebbe il religioso che ha radicalizzato il giovane poliziotto turco, affiliato ad al-Nusra, che uccise l’ambasciatore russo ad Ankara nel dicembre del 2016.
Non finiscono qui però le organizzazioni turche che operano in Nord Macedonia.
La Maarif Foundation, fondazione a scopo educativo del governo turco, opera con forte radicamento nel Paese.
Per capire quale sia lo scopo della Maarif, è sufficiente rifarsi alle parole dell’allora ministro dell'Educazione turco İsmet Yılmaz, che nel 2016 enfatizzò la proprietà statale della fondazione, prova delle ambizioni dello stato turco di proiettare potenza a livello globale e soprattutto nei Balcani e nel mondo turanico, sino al Turkistan Orientale (Xinjiang, Cina).
La Maarif Foundation ha in corso un importante programma di costruzione di scuole nei Balcani, inclusa la Macedonia, grazie anche al finanziamento saudita (udite, udite...), che venne confermato nel 2016 durante il viaggio del ministro turco Lütfi Elvan a Riad.
A Riad, Elvan incontrò il ministro Saudita per il Commercio e l'Investimento Majid bin Abdullah Al Qasabi, e Ahmet Tıktık, vice presidente della Islamic Development Bank (IDB), che si impegnarono a finanziare la costruzione delle scuole della Maarif all'estero, ove insegnare precetti salafisti, attraverso un’organizzazione statale turca! Oggi, dopo il caso Qashoggi, è probabile che tali rapporti si siano almeno raffreddati, se non interrotti, ma le scuole islamiche continuano il proprio lavoro di creazione di una base elettorale pro-turca in Macedonia.
Marco Florian
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